Sullo striscione portato per le strade di Milano da un gruppo di giovani donne ci sono due parole, accostate tra loro: guerra e patriarcato. Non sono due parole vicine, in sé. Ma l’una affianco all’altra, in qualche modo, non stridono. Cos’è la guerra lo sappiamo, ne sentiamo parlare tutti i giorni da due anni a questa parte. Sul patriarcato è sufficiente dire che si tratta di un sistema sociale in cui gli uomini detengono il primato politico ed economico, il privilegio sociale e il controllo della maggioranza della proprietà privata.
Quel sistema nasce in un’epoca in cui la forza fisica, detenuta in parte maggiore dai maschi, dettava le regole e in cui l’uso del potere era strutturato sulla dominazione degli altri. Qui sta il punto: cos’è la guerra se non un estremo e collettivo atto di dominazione? Ecco dove guerra e patriarcato si avvicinano.
Per questo schiere di letterati, filosofi, sociologi e pacifisti sostengono che la lotta contro il patriarcato non è una questione femminile ma di tutti gli uomini. La sua natura violenta si manifesta negli atti di possessione estrema, nella violenza sessuale, nei femminicidi – come insegna la cronaca – ma si esprime anche nei conflitti più vasti. Perché se è vero che il patriarcato è vecchio quando l’umanità, lo stesso si può dire per la guerra. Vedi a volte, le coincidenze.