SANDRO NERI
Editoriale e Commento

Febbre da poltrone

Il più perentorio è Beppe Grillo: «La democrazia è superata», dice in un’intervista a una tv americana. E Davide Casaleggio non è da meno

Milano, 29 luglio 2018 -  Il più perentorio è Beppe Grillo: «La democrazia è superata», dice in un’intervista a una tv americana. E Davide Casaleggio non è da meno. E in un’intervista rilasciata qualche giorno prima intona il de profundis al parlamento, profetizzandone una rapida dissoluzione. Al massimo entro qualche lustro. Toni apocalittici, che da un lato accreditano ancora di più l’immagine di un movimento pentastellato volto a ribaltare il sistema. E dall’altro evidenziano le contraddizioni tra i proclami a effetto e l’attuale politica portata avanti dai ministri e dai parlamentari Cinque Stelle. Che non a caso sono rimasti spiazzati sia dalle dichiarazioni di Grillo che da quelle di Casaleggio. Sullo sfondo, la gestione delle partite più scottanti: dal nodo delle nomine in enti pubblici e società partecipate, a quello del decreto dignità. Per quanto riguarda l’occupazione delle caselle degli enti di sottogoverno, Luigi Di Maio e i suoi appaiono molto disinvolti nel rivendicare spazi di potere sulla base dei risultati elettorali del 4 marzo. 

In materia di Rai, Ferrovie dello Stato, Autorità per l’energia e altre società pubbliche, i pentastellati stanno facendo man bassa dopo aver tuonato contro spartizioni e logiche da manuale Cencelli. E deludente, poi, appare il fatto che abbiano rivendicato per anni una diversità nei metodi di selezione della classe dirigente e ora si guardino però dallo spiegare i criteri coi quali individuano i loro candidati alle poltrone più importanti. Sarebbe bello conoscere i parametri meritocratici tanto sbandierati dai vertici dei Cinque Stelle.

Anche sul piano dei contenuti si delinea una certa incoerenza fra quanto affermato da Grillo e Casaleggio e quanto si legge nel decreto dignità. Disegnare uno scenario con una democrazia basata sul sorteggio e non sulle elezioni (Beppe Grillo) e teorizzare l’inutilità progressiva del parlamento (Casaleggio Jr) fa a pugni con l’ossessione di assicurare solo contratti a tempo indeterminato in una società come la nostra, sempre più liquida e flessibile. Moltissimi contratti a tempo determinato che attualmente assicurano esperienze di lavoro qualificanti e un congruo reddito a centinaia di migliaia di giovani, rischiano di non essere rinnovati e di alimentare il serbatoio dei disoccupati o dei lavoratori in nero. Per altro tantissime professioni legate allo sviluppo della rete - quella stessa rete così tanto amata dai grillini - si basano sulla flessibilità e alimentano quel bacino virtuoso di startup alle quali sarebbe folle imporre parametri contrattuali legati al passato. Nei prossimi mesi, soprattutto quando si comincerà a parlare nei dettagli di legge di stabilità, si capirà se le dichiarazioni di Grillo e Casaleggio rappresentano per il ceto politico dei Cinque Stelle l’orizzonte verso cui tendere oppure se anche i rappresentanti eletti dal popolo pentastellato nelle istituzioni ragionano come i loro colleghi di tutti gli altri partiti. Cioè con logiche da realpolitik, in preda a una febbre da poltrone che nella storia della presunta Seconda Repubblica non ha risparmiato davvero nessuno. sandro.neri@ilgiorno.net