Lev Tolstoj in Guerra e Pace teorizzava che la Storia non è determinata dalle azioni dei grandi personaggi, come Napoleone o zar Alessandro I, ma da quelle della massa di uomini, dal luogotenente al soldato semplice, al contadino, a loro volta inserite come anelli in una catena infinita di cause e effetti, la cui origine e fine sfuggono agli stessi storici. L'unico ad aver intuito in cuor suo questa dinamica, poco spendibile come argomento politico, era il vecchio e bistrattato generale Kutuzov che alla fine vinse la guerra. Spostando il ragionamento a due secoli dopo, potremmo dire che la vittoria di Trump o Harris, evento che studieranno i nostri nipoti sui libri di storia, ci deve interessare o preoccupare tanto quanto una bandiera palestinese strappata da un balcone di Amsterdam o un applauso al corteo di Milano a chi ha assaltato i tifosi israeliani che quel vessillo oltraggiarono. Fatti relativamente minuscoli nella linea del tempo ma che, ascoltando Tolstoj, contribuiranno in infinitesima parte a indirizzare le scelte dei Grandi senza che loro se ne accorgano.
Editoriale e CommentoGuerra e guerra