
Il direttore Sandro Neri
Milano, 10 aprile 2022 - Per quanto orribili siano le immagini e le notizie che arrivano dall’Ucraina invasa, forse la strada è quella che anche Luigi Di Maio è tornato a indicare: «Intensificare il pressing diplomatico per portare Putin al tavolo della mediazione e arrivare intanto a un cessate il fuoco». Il diritto degli ucraini a difendere la propria libertà e la propria indipendenza di popolo sovrano non è in discussione. Come non lo è la necessità di difendere la democrazia da chi pensa di imporre il proprio dominio con la forza, riproponendo modelli e aberrazioni che speravamo relegati nelle pagine più oscure del passato. Gli appelli disperati dell’Ucraina non devono rimanere inascoltati, l’Europa deve fare di più. Partendo dal piano diplomatico.
E' la necessità, in primo luogo, di salvare vite umane e fermare i massacri che da cinque settimane ci troviamo a raccontare, con dettagli sempre più spaventosi. Ma è altrettanto importante preservare l’Europa da un possibile collasso - sul piano economico prima, su quello della tenuta sociale di conseguenza - di cui da noi si avvertono già le primissime avvisaglie. È sempre il ministro Di Maio ad ammetterlo: «L’impatto di questa guerra sull’economia italiana e sulla spesa delle famiglie italiane è devastante». Dopo due anni di pandemia e la crisi energetica innescata da una ripresa improvvisa e troppo accelerata dell’economia, la guerra ha reso ancora più difficile un equilibrio già minato dai folli rincari delle materie prime e da un’inflazione mai stata così alta da trent’anni a questa parte. Sul piano dell’emergenza, i fronti aperti sono molteplici.
Delle industrie energivore, molte delle quali costrette a sospendere l’attività per non restare soffocate dai rincari delle bollette, si è già detto nelle scorse settimane, sempre su questo spazio. Ora a chiedere misure straordinarie di supporto è il mondo delle costruzioni. Specie quello impegnato nei lavori pubblici. L’aumento del costo dei materiali (gli incrementi sono del 20 per cento nel caso delle plastiche, degli isolanti e del ferro e del 40 per l’asfalto) ha reso svantaggiosi tutti i contratti firmati dalle imprese. Molte delle quali già temono di dover fermare i cantieri in mancanza di una rinegoziazione dei bandi. Di 497 milioni di euro l’importo delle gare andate deserte in Lombardia da settembre a febbraio per effetto dei primi rincari. Ora a rischio sono i cantieri avviati, che la guerra ha reso ostaggio anche di ulteriori speculazioni. Questo semplice spaccato conferma che il momento richiede interventi di natura finanziaria a sostegno di imprese e famiglie, una revisione dei costi degli investimenti legati al Pnrr e una necessaria stabilità politica che metta al bando rissosità e battaglie di bandiera. Serve tutto questo, e serve subito.