“La gente della notte fa lavori strani” cantava Jovanotti in un noto brano di inizio secolo, elegia rap delle ore più buie e dense, quando “si vive meglio”. E poi il lungo elenco di mestieri tra cui baristi, poliziotti, fornai e pasticceri in un affresco metropolitano in cui tanti si sono riconosciuti. Il popolo della notte è entrato, pensate un pò, anche nell’omelia dell’Arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, alla messa di Natale di ieri in Duomo: ma questa volta sono gli infermieri, i soccorritori e tutti quelli che “assicurano i servizi essenziali” a meritarsi una buona parola. Uomini e donne che vanno a dormire quando gli altri si svegliano e si adattano alla vita al contrario. Ma al buio, ricorda Delpini, c’è anche chi trama per il male e chi spreca la giovinezza per avidità di divertimento. Concetto, quest’ultimo, afferrabile solo in età adulta quando la luce del giorno illumina i bei ricordi ma svela anche inganni e illusioni del regno della notte.
Editoriale e CommentoLa gente della notte, 25 anni dopo