SANDRO NERI
Editoriale e Commento

Il lavoro c'è ma i giovani non lo trovano

Spesso i candidati non sono adeguati rispetto alle professionalità richieste

Il direttore Sandro Neri

La ripresa economica in atto si traduce, in Lombardia, in una crescita dell’occupazione. Ma cresce anche, come sottolinea il centro studi di Assolombarda, il divario tra domanda e offerta. Le imprese, cioè, faticano a trovare le figure professionali da collocare in azienda. A volte perché mancano i candidati, altre perché sono inadeguati rispetto alle professionalità richieste. Un problema abbastanza grave da costituire un possibile freno alla ripresa. Alla base, decenni di mancato collegamento fra l’offerta formativa e la domanda di competenze espressa dal mondo del lavoro. Una distanza che inizia già dai corsi formativi. Più del 50 per cento sono dedicati alle lingue straniere.

Non esattamente quello che serve in una regione come la Lombardia, in prima linea sui fronti dell’innovazione, del digitale e della ricerca, anche in tema di scienze della vita. Nel momento storico in cui la priorità è la digitalizzazione del Paese mancano tecnici. Quelli già al lavoro sono spesso i giovani formati dai big player del settore, impegnati nell’organizzare Academy che sfornino personale specializzato. Il settore pubblico, per quanto in ritardo, c’è. Afol Lombardia partecipa a un Its sulle competenze digitali. Manca però la massa critica. Il deficit è trasversale a vari settori. Da quello più tecnico-amministrativo a quello commerciale. Molto richiesti anche i formatori.

Ora che la trasformazione digitale e quella energetica possono contare su fondi certi, abbiamo l’auto ma non i piloti per farla correre. L’accelerazione imposta dal Pnrr vede le imprese assumere anche 200 persone alla volta. E anche reti di azienda che si organizzano per fare altrettanto selezionando, insieme, il personale di cui ognuna ha bisogno. Un Paese con molti disoccupati e con lavoratori di 40 o 50 anni intrappolati in settori in crisi occupazionale dovrebbe puntare a politiche di riconversione professionale. Provando, però, a rendere i meccanismi più efficaci. Iniziando, per esempio, col rivedere il sistema di finanziamento della formazione sposando principi di raccordo stretto con la domanda di competenze delle imprese e di valutazione successiva dei risultati raggiunti: sia in termini di qualità (certificazione delle competenze) che di inserimenti occupazionali. Questo per selezionare, premiandoli, gli enti di formazione più virtuosi e per favorirne la crescita, così da dare una risposta massiccia alla domanda che arriva dalle imprese. Il Pnrr impegna 1,5 miliardi nei prossimi cinque anni per raddoppiare il numero degli attuali iscritti agli Its e portarli a quota 38.000, di cui 8.000 in Lombardia. Le imprese chiedono che da qui al 2026 questo numero salga di almeno sei volte. Perché il lavoro c’è. Un motivo in più per non sbagliare, con erogazioni a pioggia, gli investimenti previsti dal Pnrr.