GIANLUCA BOSIA
Editoriale e Commento

Malattia e sciopero

Settecento certificati ad Atm nel giorno del blocco (quasi) totale dei mezzi pubblici

La motivazione è semplice e diretta: licenziamo perché all’estero i “costi di produzione sono più bassi e flessibilità oraria maggiormente aderente al modello di business”. Cinquanta dipendenti Just Eat a casa perché c’è chi lavora come loro ma costa molto meno.

Sciopero nazionale del trasporto pubblico di venerdì 8 novembre. Legittimo, con richieste salariali e condizioni lavorative ben precise (ovviamente secondo i sindacati e non per l’azienda): adesione massiccia ma anche 700 certificati di malattia inviati dai dipendenti ad Atm già dalle prime ore di venerdì. Una vera e propria epidemia che neppure ai tempi del Covid…

Questo è il mondo del lavoro oggi: ti cacciano da Just Eat perché costi troppo e non puoi farci nulla. Anche i sindacati si arrendono: “Nulla di nuovo in questo settore”. E poi c’è invece chi può “ancora” scioperare con orgoglio (non ditelo ai pendolari però..) per salvaguardare il proprio posto e la dignità del lavoro e chi si ammala proprio quel giorno. Capita, la salute non guarda il calendario o gli impegni in agenda. Certo che l’8 novembre la malattia è stata proprio cieca con alcuni dipendenti Atm… Spiegarlo alle migliaia di milanesi furibondi e rimasti a piedi prima e dopo il lavoro, o a chi ha rinunciato a un giorno di paga, è dura. Ai 50 licenziati di Just Eat poi è impossibile.