No, l’aeroporto di Malpensa non va intitolato a Silvio Berlusconi. Non ne faccio una questione politica o giudiziaria, calcistica o televisiva, né di qualsiasi altro degli innumerevoli campi frequentati dal personaggio. E’ una banalissima questione di opportunità. Se Berlusconi è stato un “gran milanese”, come senza dubbio al di là di tutto è stato, non si capisce perché intitolargli un aeroporto varesino.
Già, perché Malpensa, anzi la Malpensa, è nata su iniziativa degli industriali di Busto Arsizio e insiste totalmente in provincia di Varese. Sta a mezz’ora da Milano, vero, dunque molto più vicino alla grande città di tanti altri aeroporti internazionali, ma qui arriva il nocciolo della questione: sono gli stessi milanesi a non sentire Malpensa come il loro aeroporto. Nella testa di chi sta in Area B esiste solo Linate, da dove partono voli carissimi a corto raggio e poco altro, facendo così di fatto il gioco di Fiumicino – e dei competitor europei – per cui tutta la Lombardia e il Nord Italia che si muove per il mondo deve farlo via Roma (o Francoforte, Londra, Zurigo...).
Ragionamento provinciale? Può darsi, ma da Etihad a Qatar Airways, da Emirates ad Air China, numerosi big dell’aviazione mondiale tendono a condividerlo, accaparrandosi sempre più slot per voli diretti a lungo raggio dalla brughiera. L’esatto contrario di quanto fatto da Alitalia e il suo disastroso de-hubbing, col risultato che oggi la compagnia di bandiera non esiste più mentre Malpensa fa 26 milioni di passeggeri l’anno. Nonostante Milano (e i milanesi che sono stati a lungo a capo del Governo).