Quando sento parlare gli economisti del potere autoregolatorio del capitalismo penso sempre a Milano. Più precisamente, a quel mercato meneghino degli affitti che sembra ignorare buona parte delle leggi fondamentali dell’economia. Qualche esempio: la domanda diminuisce, eppure gli affitti aumentano; l’offerta cresce, eppure gli affitti aumentano; il potere d’acquisto crolla, eppure gli affitti aumentano.
Oggi, nel capoluogo lombardo una singola stanza – talvolta ai limiti dell’abitabilità – costa in media 637 euro al mese. E questo accade in un Paese dove metà dei giovani sotto i 35 anni guadagna meno di 1.000 euro netti al mese. Non solo: secondo una ricerca di Openpolis, a causa del rincaro degli affitti decine di migliaia di famiglie milanesi con bambini sono a rischio povertà.
Le possibili soluzioni sono molte: canone concordato, incremento dell’edilizia popolare, regolamentazione degli affitti brevi, sostegni agli inquilini, agevolazioni fiscali per aumentare il numero di abitazioni, soluzioni di co-housing, misure correttive pubbliche. Si può discutere su quale strada seguire, ma una cosa è sicura: le leggi di mercato, da sole, non basteranno.