Arnaldo Liguori
Arnaldo Liguori
Editoriale e Commento
Editoriale

Strade insicure e fabbriche del male

Strade insicure e fabbriche del male

Due anziani picchiati e rapinati nel loro androne. Due donne molestate sessualmente per strada a pochi minuti l’una dall’altra. Un trentenne accerchiato e accoltellato da tre sconosciuti. Una ragazzina e il suo fidanzato aggrediti e feriti al volto. Una settantenne scippata con violenza sul marciapiede. Una giovane trascinata fuori dall’auto e derubata da tre uomini. Tutto a Milano. Tutto in due giorni. E non è tutto, perché molti reati restano fuori dalle cronache.

La percezione di insicurezza che emerge dai racconti che i milanesi pubblicano sui social media non può essere relegata, appunto, a una percezione. Lo dicono, ancora una volta, i numeri del ministero dell’Interno: da sette anni consecutivi Milano è la città con più reati denunciati d’Italia, in due anni le rapine sono aumentate del 64 per cento e gli scippi del 50 per cento. Poi c’è un dato, ineludibile: quattro rapine per strada su cinque sono commesse da stranieri, dato che sale al 96 per cento se guardiano i furti con strappo. Sono stranieri spesso irregolari e senza fissa dimora.

Non è strano. Chi non ha niente, può finire a rubare. Chi non ha un tetto, conosce solo la strada. Chi pensa di non avere un futuro, vive alla giornata. Decenni di studi criminologici sono concordi sul fatto che la microcriminalità si combatte migliorando le condizioni economico-sociali delle fasce più povere e fragili della popolazione. Non, come alcuni suggeriscono, con il carcere duro e puro. E non solo perché i penitenziari sono cronicamente sovraffollati, ma perché sul lungo periodo non risolvono quasi niente. Ancora un dato: tra i detenuti che trovano un impiego mentre scontano una pena, la recidiva è prossima allo zero. Tra chi esce senza un lavoro invece supera il 70 per cento. Il punto è la speranza della redenzione, non il timore della punizione.

Edward Bunker, che a 17 anni fu il più giovane recluso di tutti i tempi nel famoso carcere statunitense di San Quintino e che quando uscì divenne uno scrittore, disse che “la prigione è una fabbrica che trasforma gli uomini in animali. Le probabilità che uno esca peggiore di quando ci è entrato sono altissime”. Non sta certo in quella fabbrica la salvezza delle strade milanesi.