Inizio soft, che per alcuni potrebbe sembrare anche un avvio flop. Dall’entrata in vigore dell’ordinanza antifumo a Milano, quindi in venti giorni, sono state staccate appena 16 multe. Un’inezia, che potrebbe essere spiegabile col fatto – come del resto il Comune aveva lasciato intendere – che nelle prime settimane si sarebbe puntato più sulla dissuasione e sulla prevenzione che sulla repressione. O col fatto che i milanesi (e non), super disciplinati, hanno subito rispettato le nuove regole ed è quindi stato arduo appioppare loro sanzioni fra i 40 e i 240 euro.
I più maliziosi penseranno invece che, semplicemente, con le mille emergenze che questa città deve affrontare – migliaia di auto in divieto di sosta ogni giorno, incidenti, aggressioni, scippi e tutto il resto che sappiamo e leggiamo – controllare chi ha una sigaretta fra le mani, o piombare come falchi su un fumatore che ne sta sfilando una dal pacchetto, sia l’ultima delle priorità per le forze dell’ordine. Un po’ come succede con le ordinanze antibotti: i Comuni le emettono, poi restano nella maggior parte dei casi lettera morta. Lo osserviamo puntualmente a ogni San Silvestro. Divieti, insomma, che nascono con le migliori intenzioni certo, ma che poi devono fare i conti con la loro applicazione pratica. E in una realtà come Milano, circondata lungo i suoi confini da un’altra città composta da 23 Comuni con oltre mezzo milione di abitanti, dove non c’è alcun provvedimento limitativo, le porte sono già spalancate per migliaia di fumatori liberi di sbuffare e liberi dai sensi di colpa.