SANDRO NERI
Editoriale e Commento

Le sirene di Pechino

Atteso per giovedì in Italia il presidente cinese Xi Jinping. Non sarà una visita diplomatica come le altre, ma l’occasione per firmare un memorandum d’intesa

Milano, 17 marzo 2019 - Atteso per giovedì in Italia il presidente cinese Xi Jinping. Non sarà una visita diplomatica come le altre, ma l’occasione per firmare un memorandum d’intesa che prelude a una serie di accordi commerciali tra l’Italia e il Dragone. L’argomento non poteva non diventare occasione per l’ennesima aspra diatriba tra i due alleati di governo che anche su questo punto mostrano di avere posizioni diametralmente opposte. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il vicepremier Luigi Di Maio sembrano entusiasti di quest’avvicinamento con la Cina; la Lega, invece, frena. In ballo non ci sono soltanto partite commerciali, ma anche il controllo sui nostri dati collegati all’asta per il 5G - la nuova tecnologia per la connessione in Internet - sulla quale il colosso cinese Huawei sembra aver messo gli occhi.

Le polemiche degli ultimi giorni sui rapporti con la Cina hanno infastidito sia gli Stati Uniti che la Russia. Entrambi preoccupati dalle mire espansionistiche cinesi sull’Italia e da una certa arrendevolezza che esponenti del governo Conte - quelli del Movimento 5 Stelle - hanno mostrato senza troppi imbarazzi. Emblematica la frase pronunciata da Matteo Salvini sui rischi di una colonizzazione del Paese: «Le chiavi dell’Italia devono rimanere nelle mani degli italiani». Le opposizioni, in particolare Pd e Forza Italia, parlano di svendita dell’Italia ai dominatori stranieri. Dimenticando, però, che anche all’epoca dei loro governi alcune operazioni di cessione di importanti aziende italiane alle grandi potenze straniere sono avvenute senza particolari scrupoli. Ora comunque il clima è diverso, perché si avvicinano le elezioni europee che potrebbero cambiare i rapporti di forza fra popolari, socialisti e sovranisti. Non a caso convinti europeisti come Romano Prodi nelle ultime ore hanno moltiplicato i loro appelli affinché l’Ue decida in modo unitario in materia di rapporti con la Cina, anziché guardare i Paesi membri giocare ognuno per conto proprio e lasciarsi attrarre dalle sirene di Pechino. Nessuno conosce ancora i contenuti del memorandum italocinese alla firma la settimana prossima. Ma c’è da sperare che questo non ponga le premesse per la svendita di altri gioielli di Stato e di altri pezzi importanti della storia dell’imprenditoria di casa nostra. I precedenti più recenti non lasciano ben sperare in questo senso. Basti pensare al tentativo, poi sventato, di controllo saudita sulla Scala di Milano o, prima ancora, alle operazioni con cui i francesi hanno allungato le mani sulla Moda italiana e i tedeschi su pezzi della nostra finanza.