“Anche per bere per fumare sai, fumare sai, ci vuole un fisico bestiale sai”, cantava Luca Carboni all'inizio degli anni '90. Da gennaio il fisico bestiale sarà un optional a Milano almeno per i tabagisti che consumano il vizio nella pubblica piazza.
La scelta politica di Milano di diventare una città smoke free però è legittima come è indubbio che il fumo compreso quello passivo faccia molto ma molto male.
Visto però la quasi totale mancanza di rispetto della prima tranche di divieto di fumo (dalle fermate dei mezzi pubblici ai parchi passando per le aree cani), sorge qualche dubbio sulla reale efficacia della norma che dal 2025 impedirà di tabaccare in ogni luogo pubblico a meno di non essere a dieci metri di distanza da qualunque altro essere umano.
I ghisa già sono pochi per l’ordinaria amministrazione e l’aggiunta del dover multare i fumatori sarà possibile? I tabagisti reprobi potranno essere denunciati dai cittadini rispettosi? Come si calcolano i dieci metri? Dovremo girare armati di bindella per difendere il diritto a non essere avvelenati dal tabacco o per fumarci in santa pace una bionda senza che nessuno venga a questionare.
Le discussioni tra fumatori e non si preannunciano accese, soprattutto in presenza di talebani di entrambe le parti.
Il problema si presenterà probabilmente di più in centro perché in molti quartieri di periferia la nicotina è la sostanza meno pericolosa che si possa trovare in strada. E far rispettare la norma antifumo in certi contesti, dove ai milanesi manca spesso la sicurezza personale minima, è un’utopia sociale.
Insomma è un provvedimento (forse) necessario, giusto sotto il profilo della salute, non fondamentale per abbattere l’inquinamento ma sicuramente chic et pas cher. Una norma così funziona in Scandinavia non in un paese di “anarchici” a prescindere.
La sensazione è che da gennaio in città ci sarà sempre tanto fumo e poco arrosto. I milanesi però sanno sempre stupire...