ARNALDO LIGUORI
Editoriale e Commento
Editoriale

Un’altra tacca verso il baratro

Nel 1763 Milano era governata dagli austriaci, vi abitavano poco più di centomila persone e in estate, per loro come per noi, l’afa meneghina era un’atroce condanna. Quell’anno, sull’ala occidentale di Palazzo Brera, venne installata la prima stazione meteorologica della città. Quella stessa stazione che ieri ha segnato la temperatura media giornaliera più alta mai registrata a Milano: 33 gradi Celsius. Tradotto: la giornata più calda degli ultimi 260 anni. E così si alza di un’altra tacca l’asticella della crisi climatica. Il rischio è di abituarcisi, di assuefarsi a tutte le volte che il riscaldamento globale segna un nuovo record. D’altronde quasi ogni anno in Italia il numero di eventi climatici estremi supera quello dell’anno precedente: soltanto nel 2022 hanno superato quelli dell’intero decennio 2000-2010. Eppure, più questi eventi accadono più l’uomo tende a creare per loro una nuova normalità che lascia spazio, sempre più spesso, all’indifferenza. Certo, ogni tanto arriva un nubifragio, un’alluvione o una siccità a ricordare la catastrofe imminente. Ma poi si dimentica. Ci si abitua. E la crisi climatica scende ancora una volta nella parte bassa della lista dei problemi. Ad un certo punto, questo pragmatismo dovrà fare i conti con la realtà di un clima che se ne frega. E di un pianeta per il quale la nostra esistenza è irrilevante. Perché, sarebbe bene tenerlo a mente, non si può negoziare con la scienza.