GIULIANO MOLOSSI
Editoriale e Commento

Condanne esemplari

Un giorno un tale ha telefonato a mia madre, 87 anni, vedova, malata di diabete, e le ha detto: "Signora, sono un avvocato, ho una brutta notizia da darle. Sua figlia Ilaria ha avuto un incidente"

Milano, 16 ottobre 2016 - Un giorno un tale ha telefonato a mia madre, 87 anni, vedova, malata di diabete, e le ha detto: «Signora, sono un avvocato, ho una brutta notizia da darle. Sua figlia Ilaria ha avuto un incidente, in auto ha investito un pedone sulle strisce, adesso l’hanno portata alla caserma dei carabinieri, ma non si preoccupi. Con mille euro di cauzione verrà subito liberata, Se lei prepara i soldi, passo io a ritirarli a casa sua e sistemiamo tutto». Mia madre restò ad ascoltare, poi disse: «Ma cosa sta dicendo? Mia figlia purtroppo è morta due anni fa». Mi sono chiesto: cosa sarebbe accaduto se invece di far riferimento a mia sorella, l’infame truffatore avesse detto che l’incidente lo avevo fatto io o uno dei miei fratelli? Mia madre sarebbe corsa al bancomat a prelevare il denaro? Non è da escludere. Questi vermi colpiscono i più anziani, i più soli, i più indifesi. Prima li spaventano a morte, poi li derubano. Sono la feccia della società, meriterebbero di essere puniti severamente. Invece quasi sempre la fanno franca.

Questi vermi contano sul fatto che le loro vittime, per la vergogna di essere state raggirate, molto spesso non se la sentono di far denuncia. Anzi, a volte non si confidano nemmeno con i parenti. Si tengono il loro segreto, il loro senso di colpa, si deprimono e si disperano. È una truffa odiosa e crudele quella agli anziani. Sta dilagando (30 anziani truffati ogni ora in Italia) perché è un «colpo» facile e redditizio. Tra le modalità più gettonate c’è la telefonata dell’incidente, come quella capitata a mia madre, ma ci sono anche quelle dei falsi tecnici del gas o della luce, falsi letturisti di contatori, falsi rappresentanti di elettrodomestici. La fantasia non fa certo difetto agli sciacalli delle truffe a domicilio. È un fenomeno allarmante che va combattuto e debellato. Le campagne di informazione e prevenzione delle forze dell’ordine («Non aprite agli sconosciuti, chiamateci subito se avete dei sospetti, se ricevete visite o telefonate insolite») sono utili ma non bastano. Serve qualcosa di più, occorre che i responsabili di questi crimini sappiano che rischiano grosso se vengono presi, che vanno incontro ad anni di galera, non ad una denuncia a piede libero. Alla Procura di Milano è molto attivo un «Pool Antitruffe», diretto da Alberto Nobili, che ha già smascherato e spedito in carcere alcuni di questi criminali. Uno di loro è stato inchiodato dalle telecamere che lo riprendevano mentre ritirava denaro e preziosi. L’attività investigativa parte dalle testimonianze delle vittime, viene poi suffragata dai pedinamenti, dall’acquisizione di dati telefonici e, quando si è molto fortunati, dalle immagini delle telecamere di video-sorveglianza. Un lavoro paziente che dà i suoi frutti e che spesso permette di mandare alla sbarra queste canaglie. Che, si badi bene, non sono singoli impostori ma fanno parte di vere e proprie gang di professionisti del crimine. E allora, se così è, perché non chiamarli a rispondere, oltre che di truffa, anche di associazione per delinquere? Perché non sbatterli in galera e buttare via la chiave? giuliano.molossi@ilgiorno.net