Un confronto a distanza, tutto concentrato su temi fondamentali per la vita quotidiana dei lombardi, fra i tre principali candidati alle elezioni regionali del 12 e 13 febbraio. Non un dibattito sul posizionamento politico, ma semplicemente programmi di Attilio Fontana, candidato alla riconferma per il centrodestra, Letizia Moratti, in corsa per il terzo polo e Pierfrancesco Majorino, aspirante governatore per centrosinistra e Cinque Stelle, gli stessi che – insieme a Mara Ghidorzi, portacolori di Unione Popolare, lista formata da Potere al Popolo, Rifondazione Comunista, Dema e altri – si contenderanno la conquista della presidenza della Regione per i prossimi cinque anni. Da oggi, per tre lunedì consecutivi, sul “Giorno“, appariranno le proposte concrete dei candidati su altrettanti punti chiave dei programmi. Si inizia oggi con un focus dedicato alla sanità, tema chiave non solo perché raccoglie oltre 20 dei 26 miliardi che ogni anno la Lombardia spende, ma perché decisivo per il futuro di ciascun cittadino.
di Pierfrancesco Majorino
La gestione della sanità in Lombardia è la grande sconfitta dell’amministrazione Fontana. L’emergenza Covid ha messo a nudo tutte le criticità presenti nella nostra Regione riguardo il sistema sanitario. Nel nostro territorio possiamo contare su indubbie eccellenze – sia pubbliche, sia private – ma sono un dato di fatto le profonde difficoltà che limitano il diritto alla salute dei cittadini. È lo stesso diritto alla salute ad essere in lista d’attesa. I lombardi sanno che per ovviare a mesi di attesa esiste un’unica soluzione: mettere mano al portafogli. Una cosa profondamente ingiusta. È il risultato di trent’anni di governo di centrodestra della Regione: il tempo si compra e sia Fontana sia Moratti non hanno fatto nulla per impedire l’esplosione delle liste d’attesa.
Riportiamo al centro il ruolo pubblico nella gestione della salute. Promuoverò un intervento di urgenza per abbattere le liste d’attesa che sino all’ultimo Fontana ha negato esserci. Fontana e Moratti hanno prodotto una riforma della sanità che si è dimostrata insufficiente e errata. Da loro non può venire quel cambio di passo che i cittadini attendono. Riscriverò la riforma coinvolgendo i medici, gli infermieri, tutti i lavoratori delle diverse professioni sanitarie, i sindacati, le associazioni dei pazienti, dei parenti e le associazioni del terzo settore. Perché dobbiamo cambiare anche approccio. Non più divisione tra sanità e interventi socio-assistenziali.
Mettiamo al centro la salute del paziente – e della sua famiglia – con una risposta a 360° e non più parcellizzata. Le Case di Comunità possono rispondere a queste esigenze, ma devono essere totalmente ripensate. Quei “gusci” ora vuoti devono essere riempiti di risposte ai bisogni così come le avevamo immaginate in Europa chiedendo i fondi del Pnrr ottenuto grazie all’impegno di David Sassoli e tanti altri. Dobbiamo rilanciare il ruolo dei medici di medicina generale. Non passa momento nel mio giro della Lombardia che non mi venga presentato il caso dell’assenza del medico, dell’impossibilità di parlarvi, della difficoltà di raggiungerlo. L’attuale Giunta è responsabile dello svilimento di una professione, quella del medico di medicina generale, che è invece da rilanciare e promuovere.
L’emergenza Covid ha messo in luce tutte le falle e le inefficienze di un sistema che ha avuto in Fontana e Gallera un’assenza di guida. Oggi il 40% del budget destinato ai ricoveri in ospedale va alle strutture private convenzionate, così come il 43% di ciò che la regione spende per visite ambulatoriali o diagnostiche. A questi dati si aggiunga che la Lombardia è la regione dove i cittadini spendono per la sanità la cifra più alta di tasca propria per vedere garantite le prestazioni necessarie.