
La vetta del K2 (Ansa)
Skardu (Pakistan), 19 febbraio 2021 - Le autorità pakistane hanno sospeso le ricerche dei tre alpinisti scomparsi due settimane fa mentre cercavano di raggiungere la vetta del K2 (8.611 metri), al confine tra Cina e Pakistan nel massiccio del Karakorum. Del cileno Pablo Mohr, l'islandese John Snorri e il pakistano Muhammad Ali Sadpara non si hanno più notizie dallo scorso 5 febbraio, quando iniziarono l'ultima tappa della scalata della seconda montagna più alta del mondo. "Tutti i meteorologi, gli alpinisti e gli esperti dell'esercito pakistano sono giunti alla conclusione che un essere umano non può vivere per così tanto tempo in condizioni così estreme. Per questo annunciamo la loro morte", ha dichiarato in conferenza stampa Raja Nasir Ali Khan, ministro del Turismo della regione del Gilgit-Baltistan, dove si trova il K2. "La mia famiglia ha perso un buon padre e il Pakistan un grande alpinista", ha dichiarato Sajid Ali, figlio di Sadpara, uno scalatore molto celebre nel suo Paese, che nel 2016 era diventato il primo al mondo a conquistare la vetta del Nanga Parbat in inverno. Sajid Ali Sadpara aveva iniziato la scalata del K2 con i tre alpinisti scomparsi ma era poi stato convinto dal padre a tornare indietro in quanto la sua bombola d'ossigeno non funzionava bene. Quel consiglio gli ha salvato la vita ma non ha impedito che si la seconda montagna più alta del mondo facesse un'altra vittima.
Un triste primato

I tre scalatori scomparsi non sono gli unici alpinisti ad aver perso la vita durante la scalata del K2 nel 2021. A gennaio lo spagnolo Sergi Mingote è morto a seguito di una caduta accidentale mentre cercava di tornare al campo base. Agli inizi di febbraio è toccato al bulgaro Atanas Skatov precipitato durante il cambio della corda. Tra 14 ottomila il K2 ha il terzo più alto tasso di mortalità (26,5%) di scalata dopo l'Annapurna (32%), che è stato anche il primo dei colossi himalayani ad essere vinto (3 giugno 1950) da una spedizione francese che portò in vetta da Maurice Herzog e Louis Lachenal. Ben 66 persone vi hanno perso la vita (spesso nella fase di discesa), delle quali 16 nel 1986.
Parola di Messner

"Il K2 è più ripido e difficile dell'Everest". Parola Reinhold Messner, che con la scalata del Lhotse (16 ottobre 1986) è stato anche il primo uomo a salire tutti i 14 ottomila himalayani. Il giudizio del fuoriclasse altoatesino è condiviso da molti altri alpinisti. Sono diversi fattori a rendere il K2 così pericoloso: oltre alla quota e alle temperature polari, l'estrema ripidezza dei pendii, la difficoltà tecnica di alcuni passaggi alpinistici si aggiungono ai problemi di quota, al vento che in inverno può raggiungere anche i 200 km orari e alle temperature polari, tipiche delle montagne himalayane. L'estremo isolamento dell'area in cui sorge il K2 con il campo base che dista 80 km a piedi (60 dei quali sul ghiacciaio del Baltoro) da Askole, la più vicina località, contribuisce a creare enormi difficoltà per il trasporto dei materiali ma anche ai soccorritori in caso di emergenza.
La festa nepalese

Non solo tragedie ma anche gioia, tanta gioia. Quella che hanno provato i dieci sherpa nepalesi - Nirmal Purja, Gelje Sherpa, Mingma David Sherpa, Mingma Tenzi Sherpa, Dawa Temba Sherpa, Pem Chhiri Sherpa, Mingma G. Sherpa, Kili Pemba Sherpa, Dawa Tenjing Sherpa e Sona Sherpa. che lo scorso gennaio hanno scalato per la prima volta la montagna di 8.611 metri in inverno. Lassù, nell’aria sottile del Karakorum, a spedizione guidata dal gurkha Nirmal “Nims” Purja ha scritto una delle pagine più belle della storia dell’alpinismo himalayano. E non non è un caso che i dieci siano stati celebrati come eroi al loro ritorno a Khatmandu nel lungo corteo di auto e moto ha attraversato la città in festa. Esattamente come avvenne nel 1954 in Italia al ritorno della spedizione guidata da Ardito Desio che il 31 luglio 1954 portò Nino Lacedelli e Achille Compagnoni a vincere la vitta del K2 che da quel giorno è considerata la "montagna degli italiani".
