Valmadrera (Lecco), 17 giugno 2014 - «Non ho intascato un centesimo, non ho favorito nessuno, certamente non ho aiutato gli uomini della ‘ndrangheta». Marco Rusconi, 36 anni, ex sindaco di Valmadrera, ieri al gip del tribunale di Milano Alfonsa Maria Ferraro ha ribadito nuovamente di non aver preso alcuna mazzetta nell’affare del Lido di Parè. Lo ha confermato più volte anche al procuratore antimafia della Dda Bruna Albertini che ha partecipato all’interrogatorio. Il faccia a faccia con il giudice e il magistrato è durato un paio d’ore, durante le quali, come avvenuto il mese scorso, ha ripercorso l’intera vicenda dell’appalto per l’affidamento della gestione della spiaggia del paese, inizialmente assegnato all’imprenditore 58enne Antonello Redaelli, anche lui di Valmadrera e al muratore 51enne lecchese Saverio Lilliu, ritenuti prestanome del boss 64enne della Locale Mario Trovato.

Il tutto con la supervisione dell’ex consigliere comunale di maggioranza 45enne del Pd di Palazzo Bovara Ernesto Palermo. Secondo i pm l’amministratore locale, accusato di corruzione ma non di associazione a delinquere a diffrenza degli altri, avrebbe ricevuto in cambio una stecca da 5mila euro, ma lui continua a spiegare di non aver assolutamente interferito nella procedura pubblica, tanto è vero che poi, una volta compreso il pericolo di possibili infiltrazioni malavitose, ha annullato la gara, anche a costo, come accaduto, di finire davanti ai togati del Tar e di pagare di tasca propria eventuali risarcimenti.

E se eventualmente ha sbagliato si tratterebbe solo di semplici «leggerezze», perché magari ha parlato di procedimenti che non gli competevano oppure perché ha fornito l’impressione, solo l’impressione, di voler aiutare chi militava nel suo stesso partito. «Non ha aggiunto molto rispetto al precedente interrogatorio - spiega l’avvocato Sergio Colombo, legale di fiducia insieme al difensore Enrico Giarda.

«Confidiamo che abbia chiarito la sua posizione e che l’istanza formulata nei giorni scorsi di attenuare la misura di custodia cautelare in carcere venga accolta». La speranza è quindi che gli vengano concessi almeno gli arresti domiciliari, così che possa lasciare la cella del penitenziario di Opera dove è detenuto ormai da due mesi e mezzo, dallo scorso 2 aprile, e tornare finalmente a casa, in modo da riabbracciare anche le due figlie piccole che non vede da quando è stato arrestato. Giudice e magistrato si sono riservati alcuni giorni per decidere sulla richiesta. É probabile che prima vogliano ascoltare anche gli altri indagati, che verranno comunque sentiti già quest’oggi.