
Lorenzo Mazzoleni e nel riquadro Agostino Da Polenza
Milano, 1 aprile 2025 – “Ritrovare lo zaino di Lorenzo 28 anni dopo è stato un tuffo al cuore perché quella doveva essere una festa e invece si è trasformata in tragedia. Mi piace pensare però che quel ritrovamento non sia stato casuale”.
Lo zaino azzurro, marca Ferrino, ritrovato la scorsa estate è quello di Lorenzo Mazzoleni, l’alpinista dei Ragni di Lecco scomparso mentre scendeva (dopo averla conquistata) dalla vetta della seconda montagna più alta del mondo (8.611 metri) . Era il 29 luglio 1996 e Lorenzo aveva 29 anni.
Incrocio di destini
A capo di quella spedizione nata per celebrare i 50 anni della fondazione del gruppo alpinistico di cui Lorenzo era tra le indiscusse punte di diamante, c’era Agostino Da Polenza, “maglione rosso” pure lui.
Ventotto anni dopo Da Polenza era ancora lì, nel Karakorum pakistano, alla guida di K2-70, spedizione tutta al femminile organizzata questa volta dal Cai per celebrare i 70 anni dalla storica prima ascensione (1954) di quella che passerà alla storia appunto come la “montagna degli italiani”. Una coincidenza che solo certi incroci del destino possono giocare.

Il ritrovamento
Da Polenza ritorna sul ritrovamento della scorsa estate. “Lo zaino è stato rinvenuto da Michele Cucchi (alpinista, ndr) e da Massimiliano Ossini, conduttore Rai al seguito della nostra spedizione. Erano andati a fare un giretto attorno al campo base e sotto la grande parete hanno visto lo zaino”. Non è infrequente che il K2, affascinante quanto temibile, restituisca reperti umani.
"Qualche giorno prima ci siamo imbattuti in un busto umano totalmente mummificato. Da alcuni indizi siamo riusciti a capire che apparteneva al membro di una spedizione russa travolta da una valanga dalla quale nessuno sopravvisse".
I riscontri
Trovato lo zaino, Da Polenza chiama in Italia Marco Negri, alpinista dei Ragni (ne è stato anche presidente), membro della spedizione del ‘96 e soprattutto suo grandissimo amico tanto da chiamare sui figlio Lorenzo in memoria del compagno scomparso sul K2.
“Nel giro di pochissimo Marco mi ha mandato una foto dell’epoca, che confermava tutto. Cosa c’era nello zaino? Solo fazzoletti di carta per il naso, il resto si è perso nella caduta. Lo abbiamo portato al Gilkey Memorial, vicino al campo base della montagna. È giusto che rimanga lì, dove vengono ricordate tutte le vittime della montagna”.

Mamma Dina
Lo zaino di Lorenzo Mazzoleni rimarrà lì per sempre, come il suo corpo mai recuperato. Così avrebbe voluto anche mamma Dina, scomparsa all’inizio di questo 2025. Per tutti questi anni questa donna forte e coraggiosa ha sopportato il peso della perdita dell'amatissimo figlio, a cui peraltro non ha mai potuto dare sepoltura.
Eppure, di fronte a tutto questo dolore, mamma Dina aveva più volte ribadito che il suo Lorenzo avrebbe dovuto riposare là, sulla montagna che tanto aveva sognato. “Lorenzo rimanga per sempre sul K2”, fu l’appello.
La tragica caduta
Dopo essere arrivato in cima il 29 luglio del 1996 insieme a Giulio Maggioni, Mario e Tore Panzeri, Mazzoleni durante il rientro all’ultimo campo andò incontro a una caduta fatale, probabilmente nella zona conosciuta come “Collo di bottiglia”. Nessuno lo vide più.
L’amico Gian Pietro Verza che si trovava al campo 4, il più alto, fu protagonista di un eroico tentativo di salvataggio in piena notte, in uno dei tratti più rischiosi della montagna. “A Gianpi chiesi una cosa che non avrei dovuto chiedergli”, racconta Da Polenza. “Credo fossero le dieci di sera e gli ho detto di rivestirsi e andare a cercare Lorenzo che non era rientrato. Lui ha risalito il “Collo di bottiglia”, si è fatto il traverso e mi ha detto che non c'era più”.
Le ipotesi
Il K2 è conquistato ma a caro prezzo. “Il giorno dopo i ragazzi sono scesi dal campo 4 facendo la via Cesen La mia ipotesi è che Lorenzo arrivato in vetta per ultimo e quando ormai faceva buio sia arrivato in fondo al “Collo di bottiglia” e lì sia scivolato”.
I ricordi
Da Polenza riavvolge il nastro a quell’estate ‘96 snocciolando una serie di ricordi più o meno inediti legati a quel ragazzo “solare, entusiasta a cui non si poteva non voler bene”. Ricordi come quello relativo al giorno che precede la conquista della vetta. "Quel giorno Lorenzo arriva tardi al campo 4 (l’ultimo prima della vetta, ndr): è molto stanco mentre gli altri della spedizioni stanno decisamente meglio.
Quella sera non riesco a mettermi in contatto con lui dal campo base e resto convinto che lui abbia staccato apposta il collegamento per paura che io gli dicessi di scendere e acclimatarsi prima di tentare la vetta. Il giorno successivo lui fu l’ultimo ad arrivare sulla cima del K2 e l’ultimo a lasciarla”.