LECCO – Quasi 140 anni di vacanze arretrate, più altri 158mila ore di straordinari. Se i 2.500 dipendenti non medici della sanità pubblica lecchese, tra infermieri, oss, ostetriche, tecnici, riabilitatori e impiegati, reclamassero in blocco i 48mila giorni di ferie arretrate che spettano loro di diritto o di recuperare tutti gli straordinari che hanno garantito, rinunciando ai riposi previsti da contratto, ospedali, poliambulatori e servizi territoriali chiuderebbero e nessuno più assisterebbe i pazienti.
Sono troppo pochi, ne mancano probabilmente almeno 300 e in molti continuano ad andarsene altrove, perché stanchi di affrontare turni massacranti. Non ne possono più, la situazione prosegue da anni. Per questo i rappresentanti sindacali delle diverse organizzazioni e sigle e i delegati della Rsu hanno proclamato lo stato di agitazione e chiesto al prefetto di Lecco Sergio Pomponio di convocare a rapporto i dirigenti dell’Asst di Lecco per un incontro urgente.
Senza un’intesa, potrebbe scattare lo sciopero. I sindacalisti in un documento denunciato la “mancata definizione e attivazione di smaltimento ferie arretrate maturate”, “mancata applicazione di una matrice turni trimestrale” per dare modo di organizzarsi meglio sul medio periodo, “carenze strutturali”, “eccessivo utilizzo dello strumento della mobilità d’urgenza” cioè dell’imposizione di trasferirsi all’improvviso in altri reparti e strutture per sostituire che manca, “eccessivo utilizzo del personale interinale”, ovvero di professionisti esterni.
“È vero, la carenza di personale sanitario è un problema nazionale – spiega Ercole Castelnovo, veterano della Rsu -. Nella nostra Asst tuttavia non sono nemmeno capaci di non far scappare le persone che ci sono”. Negli ultimi 9 mesi si stima che si siano dimessi in 200. Il prefetto ha già convocato una riunione per la cosiddetta procedura di raffreddamento dello stato di agitazione di conciliazione. Il tavolo è previsto per mercoledì.