REDAZIONE LECCO

Missaglia, sartoria cinese del falso "made in Italy" nel cuore della Brianza: sequestrati duemila capi contraffatti

L'atelier, che è stato chiuso, era gestito da un'imprenditrice asiatica che lo scorso dicembre era già finita nei guai perché aveva trasformato il laboratorio in una fabbrica dormitorio. Camice, magliette e abiti tarocchi riproducevano i marchi "Fendi" e "Cavalli", di cui sono state trovate anche le matrici con gli ologrammi di sicurezza di Daniele De Salvo

La merce contraffatta in una foto della Guardia di Finanza di Lecco

Cernusco Lombardone (Lecco), 11 luglio 2014 - Fabbrica della moda made in Italy tarocca nel cuore della Brianza. L'hanno scoperta gli agenti delle Fiamme gialle a Maresso di Missaglia, che in un laboratorio clandestino hanno trovato oltre duemila capi di abbigliamento contraffatti pronti per essere venduti, mentre altrettanti stavano per essere confezionati. Nell'atelier del falso venivano cuciti magliette, camice e altri abiti marchiati “Fendi” e “Cavalli”, che con le note maison tricolori non avevano però nulla a che spartire. Il laboratorio era gestito da una cittadina cinese, tale Guan Xiaofen di 43 anni,

Non è la prima volta che finisce nei guai. Lo scorso dicembre gli agenti Questura di Lecco in quei locali avevano scoperto un vero e proprio dormitorio, dove otto dipendenti in nero, tra cui anche un'italiana, stipati in pochi metri quadrati bui e mal areati, con giacigli di fortuna allestiti tra scatoloni, macchine da cucire e scaffali, non solo lavoravano ma ci vivevano pure, alternandosi in turni continui per non bloccare mai la produzione di stoffe e tessuti. Nove mesi fa l'attività si chiamava “Atelier di Guan”, adesso invece “Sartoria Venia”. Ma se il nome è stato cambiato a quanto pare la situazione di irregolarità no.

I finanzieri alle dipendente del luogotenente Maurizio Di Blasi durante la retata hanno anche rinvenuto alcune matrici per stampare le etichette della famose griffe con tanto di ologrammi di sicurezza. Nel caso del simbolo “Fendi” le caratteristiche “F” contrapposte non assomigliavano per niente a quelle originali ma certamente avrebbero ingannato i clienti inesperti o magari quelli stranieri. L'imprenditrice che gestiva la bottega che è stata chiusa, è stata denunciata con l'accusa di illecita introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi. Le indagini comunque proseguono per individuare altre persone eventualmente coinvolte nel giro, i canali di approvvigionamento e dove sarebbero stati distribuiti i prodotti illegali.

Durante il blitz, indicato con l'emblematico nome in codice “Marchi... male”, compiuto soprattutto per accertamenti fiscali e per individuare possibili situazioni di lavoro nero, i finanzieri hanno identificato anche dieci dipendenti della sartoria delle “copie d'autore”, tutti asiatici con regolare permesso di soggiorno. Erano impegnati a ritagliare toppe e cartellini di tessuto con i marchi finti e ad attaccarle sugli abiti. I militari stanno passando al setaccio i loro contratti, ammesso che ne avessero uno, perché il sospetto è che fossero sfruttati.