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I volontari dell’associazione Officina Gerenzone durante la pulizia di un tratto di Fiumicella e il presidente Paolo Colombo
Lecco, 3 marzo 2025 – Chiusa ritrovata. E tornata al suo posto. È vecchia di secoli, probabilmente almeno un paio, forse anche tre. Serviva per bloccare e deviare l’acqua della Fiumicella - una derivazione artificiale del fiume Gerenzone, che attraversava Lecco - verso una ruota, il cui movimento azionava i magli da fucina.
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È grazie a paratie come quella che Lecco si è sviluppata ed è diventata una città. La chiusa era sepolta sotto terra, destinata a corrodersi lentamente ma inesorabilmente. Stefano Meles, artigiano di 37 anni, proprietario di un’azienda di impianti elettrici, e il coetaneo Mattia Comini, titolare di un’impresa di manutenzione di stabili, che lo ha aiutato a sistemare un magazzino, l’hanno però recuperata e restaurata.
Con loro, il giovane architetto di 26 anni Paolo Colombo, presidente di Officina Gerenzone, la cui missione è salvare l’identità, la storia e la memoria del fiume e della millenaria valle del Gerenzone, valorizzandone i manufatti di archeologia industriale e recuperando il valore ecologico del corso d’acqua, attorno a cui continuare a progettare una Lecco moderna, sostenibile, rispettosa.
“La Fiumicella era un canale, di cui si trova già traccia negli Statuti di Lecco del 1300, che deviava l’acqua del fiume su cui sono cresciuti molti rioni – spiega Paolo –. Lungo la Fiumicella nel corso del tempo sono state avviate decine e decine di officine”. Nel punto dove è stata ritrovata la chiusa, risulta un primo nucleo antecedente al 1760, mentre nel 1830 è attestata la presenza di una fucina da rame con maglio e successivamente una trafileria, poi chiusa e dismessa, i cui locali sono stati acquisiti dall’artigiano lecchese.
“L’unico accesso al sito era però dove un tempo i carri scaricavano la vergella e caricavano i prodotti lavorati – prosegue Paolo –. È stato così necessario per forza di cose creare una rampa. Proprio durante l’intervento di sbancamento, sono riemersi sia un tratto di Fiumicella, sia la chiusa, che permetteva di deviare l’acqua verso le ruote o di lasciarla scorrere”.
Stefano, invece che disfarsene, ha deciso di salvare e restaurare la chiusa, che ora fa bella mostra all’ingresso del magazzino. “Con questo piccolo gesto di salvaguardia è stata data dignità a secoli di memoria industriale, oggi ancora troppo poco valorizzata”, sottolinea Paolo. Purtroppo così non è stato per centinaia di altre chiuse e per le 150 ruote posizionate lungo la Fiumicella, di cui si sono perse le tracce, come pagine di libri di storia che nessuno potrà mai leggere.