Lecco – La riqualificazione delle stazioni della funivia dei Piani d’Erna non parte. Il Comune ha revocato l’appalto a chi avrebbe dovuto occuparsi dell’intervento. Il motivo? Non hanno sottoscritto il contratto: non hanno compiuto bene i conti e si sono trovati di fronte a un’impresa più complicata, e costosa, di quanto si aspettassero, sebbene il disciplinare, in base a cui hanno partecipato alla gara, fosse chiaro e dettagliato. In un documento protocollato, si sono lamentati di alcune criticità che renderebbero i lavori “complessi e che richiederanno un’esposizione finanziaria importante”. Oltre a revocare l’appalto, Alessandro Crippa, il dirigente municipale che si è occupato dell’iter burocratico, li ha segnalati ai magistrati dell’Autorità nazionale anticorruzione. Il rischio ora è che la funivia resti ferma nel pieno della stagione turistica.
Ad aggiudicarsi a maggio l’appalto da un milione e mezzo di euro, finanziati con un contributo regionale, per la riqualificazione delle stazioni di monte e di valle della funivia tra Malnago e i Piani d’Erna, era stata la società consortile capitolina Consorzio Stabile Opera, grazie a uno sconto del 16%. Avrebbe dovuto rimettere a nuovo le due stazioni di partenza e arrivo, in quest’ultima realizzando pure un salone polifunzionale. Ad ogni sollecito per la stipula formale del contratto, tuttavia ha avanzato diverse eccezioni su “aspetti tecnici non rilevabili” oppure non ha presentato tutti i documenti necessari. Per parecchi mesi dall’amministrazione hanno portato pazienza, ma giovedì scorso è scaduto l’ultimatum definitivo e irrevocabile a termine di legge.
La funivia dei Piani d’Erna, da cui si parte per molte escursioni in montagna, è stata costruita nel 1965: copre un dislivello di 725 metri, dai 710 di partenza ai 1.425 di arrivo. La palla, anzi l’appalto, adesso potrebbe passare alla srl meneghina Crea.Mi, se accettasse di subentrare. Sarebbe un déjà vu: è già subentrata nell’appalto di rimozione delle barriere architettoniche della Biblioteca civica Uberto Pozzoli, dopo la rinuncia, anche in quel caso, dei vincitori a firmare il contratto dell’appalto.