Quasi uno su dieci è stato deportato nei lager nazisti. A Pagnona, durante la Seconda guerra mondiale, sono stati internati in 36, in un paesino che all’epoca contava nemmeno 500 anime, bambini, anziani e donne comprese. La loro colpa, per i repubblichini e i nazisti, è stata quella di non essersi uniti a loro. Molti dai campi di lavoro e di sterminio non sono più tornati indietro. Come Giuseppe Martino Brumana, un contadino partigiano dopo essere stato alpino, morto l’1 febbraio 1945 a 36 anni. O Adriano Buttera, muratore, fante sbandato, ucciso il 30 novembre 1944: aveva 28 anni. Oppure Giuseppe Nazaro Losma, contadino, papà di quattro figli piccoli, assassinato il 6 dicembre 1944 a 36 anni. E anche Aldo Felice Tagliaferri, muratore, caporal maggiore durante la Grande guerra e partigiano della 55esima Brigata Fratelli Rosselli, trucidato la notte di Natale del 1944 a 46 anni. Storie diverse, stesso paese dove si conoscevano tutti, stessa scelta di opporsi ai nazifascisti, stessa sorte: quella del campo di concentramento di Flossemburg e della morte nel sottocampo di Flossemburg. "Ma anche stesso trasporto, il trasporto numero 81", rivela Augusto Giuseppe Amanti, 77 anni, vicepresidente dell’Anpi della Valsassina, storico locale, custode e investigatore della memoria degli oltre 420 valsassinesi internati. Il trasporto 81 è stato uno dei convogli della deportazione dall’Italia ai lager nazisti partito dal campo di transito di Bolzano il 5 settembre 1944 e arrivato a Flossemburg il 7 settembre. "Su quel treno c’erano in tutto 11 valsassinesi e altri 420 prigionieri – prosegue Beppe Amanti -. Tra loro anche Teresio Livelli ed Eugenio Pertini". Teresio Livelli era sottotenente volontario degli Alpini prima di diventare uno dei massimi esponenti della resistenza cattolica, proclamato beato nel 2018 a 73 anni della sua morte avvenuta nel gennaio 1945 quando aveva da poco compiuto 29 anni. Eugenio Pertini era invece il fratello di Sandro, il futuro presidente della Repubblica, pure lui partigiano, giustiziato a colpi di fucile il 20 aprile 45 all’età di 50 anni solo poco prima che gli Alleati liberassero i deportati. Per i 4 pagnonesi e per altri 3 internati valsassinesi morti, Beppe ha ottenuto altrettante pietre di inciampo. Daniele De Salvo
CronacaIl coraggio di Pagnona. Pagò con 36 deportati