
Chi pagava passava davanti a tutti ed era certo di essere regolarizzato chi no restava sempre in coda
Quarantamila euro cash nei cassetti della sua scrivania in ufficio, all’Immigrazione. Altri 2.500, sempre in contanti, nell’auto posteggiata subito fuori dalla Questura, e a casa sua. Sono probabilmente i soldi delle ultime mazzette che il poliziotto in servizio all’Immigrazione di Lecco ha incassato in cambio di permessi di soggiorno facili. Li hanno trovati i suoi colleghi della Mobile, durante la perquisizione scattata ieri mattina, dopo mesi che lo tenevano d’occhio. "Corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio", la contestazione riportata nel decreto di fermo di indiziato di delitto firmato dai magistrati della Procura di Lecco che coordinano le indagini sul servitore dello Stato infedele, che parlano di "alcuni episodi".
Gli investigatori della Mobile, sempre su ordine dei pm, hanno compiuto una perquisizione e messo i sigilli anche ai locali di un’agenzia dove alcuni mediatori offrivano servizi di consulenza per sbrigare le pratiche per ottenere permessi, visti, ricongiungimenti familiari. Erano loro probabilmente a indirizzare gli stranieri extracomunitari da regolarizzare al poliziotto in servizio all’Immigrazione, i cui sportelli si trovano nella sede distaccata di via da Vinci, vicino al lungolago. Chi pagava, passava davanti a tutti ed era certo di essere regolarizzato; chi no, restava sempre in coda.
"Le indagini proseguono con l’analisi della copiosa documentazione cartacea ed informatica posta sotto sequestro durante l’effettuazione delle operazioni di perquisizione per delineare con la maggiore precisione possibile l’effettiva consistenza dei fatti", spiega il procuratore capo Ezio Domenico Basso. Il poliziotto fermato, ora sospeso, era un "insospettabile" - così lo definiscono i colleghi - e non rivestiva ruoli particolari: poco più di un passacarte, con incaricato però di gestire l’iter amministrativo delle pratiche per la regolarizzazione della permanenza in Italia dei migrati. Pochi all’Immigrazione e in tutta la Questura erano a conoscenza degli accertamenti, sia per la delicatezza del caso, sia per non mandare a monte l’operazione, "un’articolata attività di indagine, svoltasi nell’arco di alcuni mesi", sottolinea il procuratore capo, condotta sempre e solo dagli agenti della Mobile. Negli ultimi periodi si era intuito che qualcosa non funzionava a dovere.
Daniele De Salvo