PADERNO D’ADDA (Lecco)
Muore l’unico ferito nel deragliamento del 2020, un marocchino 50enne che si era costituito parte civile al processo. E il suo decesso, per motivi slegati dalla vicenda giudiziaria, ferma l’udienza preliminare perché ora bisogna cercare gli eredi, alcuni nel Paese d’origine, che hanno diritto a chiedere un risarcimento danni al posto del parente defunto.
Lo slittamento a dicembre è stato deciso ieri in Tribunale a Monza, dove la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio di sei dipendenti Trenord. Nessuno degli imputati ha chiesto riti alternativi, patteggiamenti o processo abbreviato: tutti hanno annunciato di voler discutere l’udienza preliminare. Ieri avrebbe dovuto parlare il pm Michele Trianni, poi iniziare a illustrare le loro arringhe i difensori. Ma il legale di parte civile di Sem ha comunicato il decesso del marocchino che il giorno del deragliamento si era addormentato sul treno, non accorgendosi della ripartenza e riportando ferite per 40 giorni di prognosi.
La possibilità di ottenere un risarcimento danni passa ai suoi eredi, ma solo un fratello è in Italia, gli altri parenti vanno cercati in Marocco e avvertiti della facoltà di costituirsi all’udienza preliminare che vede accusati di disastro colposo e lesioni personali colpose il capotreno, il macchinista e due addetti alla manutenzione, mentre due dirigenti sono imputati di tentati depistaggio e frode in processo penale.
Il 19 agosto 2020 il convoglio proveniente da Milano Porta Garibaldi, giunto a fine corsa alla stazione lecchese di Paderno d’Adda si era rimesso in moto da solo mentre gli addetti erano andati al bar a bere il caffè. Mancavano pochi minuti a mezzogiorno quando il treno era entrato nella stazione di Carnate e si era schiantato su un binario morto. I primi tre vagoni erano volati via: due atterrati di traverso sui binari dopo avere devastato degli orti, un altro rimasto in bilico vicino a un palazzo.
Secondo l’accusa, il convoglio Trenord 10767 "veniva lasciato incustodito senza inserimento di freno di stazionamento e di freno a molla. Essendosi verificata un’anomala ricarica della condotta generale del freno continuo, il convoglio privo di personale di bordo riprendeva autonomamente la corsa in direzione Milano e alla stazione di Carnate sviava sul tronchino, sfondandolo e deragliando sul terrapieno".
Per gli inquirenti il disastro è stato causato anche dalla "condotta del personale della squadra manutentiva che aveva da poco sottoposto a revisione l’impianto frenante, senza riscontrare il malfunzionamento". Inoltre sarebbe emerso "come alcune figure dirigenziali di Trenord, intuita la causa del guasto, al fine di ostacolare le indagini sul disastro ferroviario abbiano fatto rimuovere dal relitto della vettura semipilota – e poi occultato – il rubinetto del freno e il rubinetto di intercettazione". Accuse negate dagli imputati.