Una finta trattativa immobiliare, che si è trasformata in una proposta di cambio di denaro contante: ma la valigetta con i soldi, si è volatilizzata in pochi secondi, grazie a uno spintone. Ieri, davanti al Tribunale Collegiale di Como, la vittima di quella truffa degenerata in rapina, ha raccontato come era entrato in contatto con quello che credeva essere un buon interlocutore per i suo affari, capace di ottenere la sua fiducia dopo incontri avvenuti in Costa Azzurra e a Cernobbio. Finché non ha visto allontanarsi velocemente da piazza Vittoria l’auto con la sua valigetta piena di contanti, e i tre uomini che sono riusciti a strappargliela.
A processo, con l’accusa di rapina, ci sono Zoran Stevanovic, 34 anni Cornate d’Adda e Mauro Trezzi, 36 anni di Bellusco, mentre il terzo complice aveva già patteggiato 5 anni di reclusione. Ma i due coimputati sono andati a processo per mettere in discussione la versione dell’imprenditore, un ucraino di 55 anni con base in Italia e in Spagna, che in un primo momento aveva indicato in 25mila euro il contenuto di quella valigetta, per poi integrare la denuncia per precisare che erano 250mila. La rapina risale al 21 marzo 2017, quando Stevanovic e l’imprenditore si erano dati appuntamento in piazza Vittoria a Como.
La trattativa era stata rinviata al giorno successivo: "Zoran mi ha portato verso un’auto che non aveva mai visto – ha detto ieri – dove c’era un sacco trasparente con le banconote che avremmo dovuto cambiare. Ma all’improvviso mi ha preso la borsa e si è lanciato all’interno dell’auto".
Secondo l’accusa, alla guida ci sarebbe stato Trezzi, mentre il terzo complice, arrivato alle spalle della vittima, lo avrebbe trattenuto per consentire a Zoran di prendere la borsa. Il volto di Stevanovic era rimasto nelle immagini della telecamera interna del taxi che lui e la vittima avevano preso per raggiungere piazza Vittoria. Un anno dopo, ad agosto 2018, la Squadra Volante era intervenuta per un altro tentativo di truffa durante una transazione: Stevanovic, portato negli uffici della Squadra Mobile, era stato subito riconosciuto come l’uomo della foto scattata un anno prima, a cui fino a quel momento non avevano saputo dare un nome.