Lecco, 20 settembre 2019 - «È fuori pericolo ma è a pezzi perché ha perso tre amici tra cui Fabio Buzzi, che per lui è sempre stato un padre putativo». Marcello Perillo, avvocato di famiglia e amico personale di Mario Invernizzi, descrive così le condizioni dell’imprenditore, unico superstite dell’incidente nella laguna costato la vita all’“ingegnere volante”, all’altro pilota lecchese Luca Nicolini, 57 anni di Oggiono pure lui e al meccanico olandese Erik Hoorn. Mario Invernizzi, 57 anni, è tuttora ricoverato all’ospedale Civile di Venezia. Le sue condizioni migliorano e anche la Tac eseguita nella giornata di ieri ha escluso complicazioni a livello neurologico, tanto che potrebbe essere dimesso nella giornata di domani. "Lui ci spera, anche se il dolore si fa sentire perché ha subìto una gran botta a livello toracico». Resta l’aspetto psicologico quello più duro da affrontare perché Mario Invernizzi è sopravvissuto a una tragedia che in una frazione di secondo ha trasformato un momento di gioia in dolore immenso, difficile da accettare. «Mi ha ribadito di sentirsi un miracolato», spiega l’avvocato Perillo riferendo il racconto che l’imprenditore ha già ripetuto alla moglie Lella, ai figli e ai fratelli. «Mi ha confermato che a cinquanta miglia da Venezia ha ceduto i comandi del motoscafo a Buzzi e che una volta entrati in laguna e passato il traguardo, si è tolto la cintura e ha lasciato il sedile per recarsi nel vano bagagli con l’idea di sbarcare». Sono gli istanti prima della tragedia, il bolide della FB Design ha appena rimesso la firma alla Venezia-Montecarlo. Buzzi, Invernizzi, Nicolini e Hoorn si sono ripresi il record sulle 1.200 miglia che già avevano “timbrato” nel luglio 2016. I quattro stanno forse già pensando alle bottiglie di champagne che tra poco stapperanno per festeggiare l’ennesima vittoria in uno sport che da anni li appassiona, li unisce e li spinge a faticacce inaudite. "Buzzi ha dovuto insistere per convincere Mario, che arrivava da un’estate molto intensa ed era stanco sia di testa che fisicamente", racconta il fratello Sergio. L'ingegnere però è un "padre putativo" per lui, è l’amico che a metà anni Ottanta l’ha introdotto nella motonautica, un mondo pieno di fascino. Fabio Buzzi sa toccare le corde giuste, gli confida che questa volta sarà l’ultima anche per lui. E così alla fine Mario Invernizzi accetta nonostante la famiglia e gli impegni con l’azienda. Dice sì Mario e indossa un’altra volta tuta e casco per l’ennesima sfida proprio come l’altro amico, Luca Nicolini, pilota pluridecorato. Questa volta però insieme al record arriva anche la tragedia che macchia di sangue l’impresa e si porta via due campioni di casa stregati dalla velocità e lascia un terzo orfano di due amici baciato come lui dal sacro fuoco dei bolidi sull’acqua.
CronacaTragedia a Venezia: "Invernizzi migliora ma è a pezzi"