
DOPO 14 ANNI Dal primo ottobre Sonya Caleffi è libera
Lecco, 25 ottobre 0218 - «Sono cambiata, sono un’altra persona. Quello che desidero adesso è solo un po’ di normalità». Poche parole in cui Sonya Caleffi racchiude tante cose: l’emozione non ancora del tutto metabolizzata per il nuovo stato di donna completamente libera, il pensiero per il passato che si è lasciata alle spalle, ma che non smetterà di accompagnarla, quello per il futuro. Oggi Sonya Caleffi ha 48 anni.
Dopo essere stata arrestata, nel dicembre del 2004, ne ha trascorsi quattordici in carcere, fra San Vittore e Bollate, condannata a vent’anni di reclusione per avere ucciso cinque anziani pazienti affidati alle sue cure di infermiera, all’ospedale Manzoni di Lecco, e averci provato con altri due. Ogni volta con una iniezione d’aria direttamente in vena. Tre anni sono stati tagliati dall’indulto, altrettanti cancellati dalla buona condotta. Lo scorso marzo Sonya Caleffi ha ottenuto l’affidamento in prova per sei mesi ai servizi sociali. Il 27 settembre la scarcerazione definitiva. In questa lunga, difficile risalita l’ex infermiera ha avuto accanto due presenze protettive, solide, costanti: i genitori. Nicola Caleffi, il padre, è nella casa di Tavernerio, nel Comasco. Non è cambiato. È rimasto quello che i cronisti impararono a conoscere in quegli anni ormai lontani: apparenza ruvida, cuore generoso, parola spesso colorita dal vernacolo. Nicola non lo dice, ma è stato lui che si è recato a Milano per accogliere la figlia nella sua ultima uscita dal carcere di Bollate.
Signor Caleffi, è proprio finita.
«L’era ura. Sonya sta bene. Lavorava già fuori, usciva dal carcere e rientrava nel pomeriggio. Lavorava per una cooperativa che cura la manutenzione per pezzi di lavatrici, una cosa del genere».
E adesso?
«Adesso, per prima cosa, direi basta. Con tutte le cose che succedono in Italia, i giornalisti sono ancora qui a occuparsi di Sonya Caleffi. Ma che notizia è? D’accordo, mia figlia ha fatto quello che ha fatto, poi ha compiuto il suo percorso. Basta, finito. È un discorso che non vale soltanto per mia figlia. Vale per tutte le persone che sono incorse in questo tipo di cose. Hanno pagato, hanno finito. Che notizia è che tornano libere?».
Cosa farà Sonya?
«Ho già pronti i soldi per mandarla in Australia. Scherzo. Continuerà a lavorare. Comunque, in questo momento, rispettiamola lasciandola tranquilla. Diamole una mano per quei cento anni di vita che ha ancora davanti. È stata aiutata molto, gli psicologi l’hanno seguita. È cambiata, cambiata molto».
Come ha saputo della scarcerazione?
«È stata una sorpresa anche per lei. Doveva finire a metà novembre. Invece, quando è rientrata, le hanno detto: ‘Guarda che domani mattina sei fuori’. Ci ha telefonato tutta contenta: ‘Da domani sono libera’. È fuori dal primo ottobre».
Da genitori come lo vivete?
«Con tanta gioia, naturalmente. Poi c’è il pensiero per il domani di Sonya».
Claudio Rea, avvocato di Lecco, ha seguito la Caleffi lungo l’iter processuale con il collega Renato Papa: «Non posso che essere contento che Sonya abbia concluso la pena e che ora si affacci a una nuova vita. La pena è finita ed è stata anche riabilitativa. La cura psicologica ha inciso favorevolmente. Quella che si affaccia a questa seconda vita è, ne sono certo, un’altra persona».