Venerdì 29 dicembre 1944. È sera. Il Maggiore Mario Noseda, comandante della prima compagnia del 1° battaglione mobile della XI Brigata nera Cesare Rodini, della sua Como, impartisce l’ordine di avvio dell’attacco. All’alba del giorno seguente, sabato 30 dicembre, 36 partigiani vengono colti di sorpresa al Baitone della Pianca, sotto il Culmine San Pietro, tra Morterone e la Valtaleggio. Un’operazione preparata con cura negli ultimi quaranta giorni dai fascisti locali, con una serie di rastrellamenti preliminari. I 36 partigiani sono in gran parte della 55esima brigata Fratelli Rosselli o della ex 86esima Giorgio Issel. Tra loro anche alcuni giovanissimi. Uno prova a scappare dal retro, ma viene subito fermato e freddato nel prato antistante, prima con una raffica alle spalle, poi con un colpo di grazia. Tutti gli altri vengono catturato, legati con il filo elettrico usato per la ricetrasmittente e portati a piedi fino a Introbio.
Il giorno dopo, domenica 31 dicembre, dopo esser stati torturati, 11 vengono fucilati, i loro cadaveri spogliati, e senza alcun segno di riconoscimento, sepolti in un’unica fossa. Altri 3 vengono invece giustiziati al cimitero di Maggio di Cremeno. Molti di loro sono della classe 1925, altri con solo qualche anno in più. Il comandante Mina Leopoldo Scalcini, 33 anni, il più anziano, capitano di artiglieria che dopo l’8 settembre scelse la Resistenza, viene ucciso durante il viaggio da Introbio a Barzio, perché non parla e si ostina a non rivelare i nomi di altri partigiani. Gli altri 20 vengono portati a Como, da qui a San Vittore a Milano e poi deportati in Germania: di quasi tutti si sono perse le tracce. "Ben dodici “ribelli“ sono stati uccisi in conflitto", il dispaccio del maggiore al federale del Fascio di Como, Paolo Porta, invece che fucilati a tradimento dopo la loro resa. La ricostruzione è dello storico e scrittore Rinaldo Battaglia. Quattro mesi ancora e anche su lago di Como le cose però cambiano: la fuga verso la Svizzera del Duce, gestita proprio dal maggiore Mario Noseda si ferma a Dongo. È la fine del fascismo, il ritorno della libertà.