FEDERICO MAGNI
Cronaca

Lorenzo Mazzoleni e lo zaino ritrovato sul K2 dopo 28 anni: storia di un fuoriclasse della montagna. La famiglia: “Riposi lì”

L’alpinista dei Ragni di Lecco scomparso mentre scendeva dalla vetta a 8.611 metri. Lo zaino recuperato dalla spedizione italo-pakistana sul Karakorum. Simone Moro: "Forse un giorno anche il corpo verrà ritrovato"

Lorenzo Mazzoleni sul K2 nell’area dove è stato trovato il suo zaino

Lorenzo Mazzoleni sul K2 nell’area dove è stato trovato il suo zaino

Lecco – Il K2 ha restituito lo zaino di Lorenzo Mazzoleni, l’alpinista dei Ragni di Lecco scomparso 28 anni fa mentre scendeva dalla montagna di 8.611 metri dopo aver coronato il sogno dell’arrivo in vetta. A ritrovare uno zaino Ferrino lungo il ghiacciaio in direzione del campo base avanzato alcune alpiniste della spedizione femminile italo-pakistana impegnata nel Karakorum per celebrare i settant’anni della “prima“. Da un’analisi si è scoperto che risaliva al 1996 e apparteneva proprio all’alpinista lecchese il cui corpo non è mai stato ritrovato. A Lecco, dove Lorenzo era cresciuto seguendo le orme dei grandi dell’alpinismo distinguendosi subito come un fuoriclasse dell’alta quota, il tempo non ha mai attenuato la sofferenza della mancanza, ma nemmeno spento i ricordi.

L’appello di mamma Dina

«Non lo cercate , riposa in pace e deve rimanere dov’è ora", disse la madre Dina, insieme alle sorelle nel 2013 in occasione di alcune ricerche che erano state programmate ai piedi della montagna. "Lorenzo rimanga per sempre sul K2", fu l’appello. Il ritrovamento del suo zaino ora ha riportato ancora una volta le lancette dell’orologio al 29 luglio del 1996. Lorenzo aveva 29 anni: "Sognava quella montagna, come tanti alpinisti e siccome si celebrano i settant’anni della prima salita è giusto ricordarlo anche così. Lui è stato un alpinista illustre e purtroppo vittima illustre del K2. Fa parte della storia di quella montagna meravigliosa e difficile – commenta Simone Moro, scalatore bergamasco, specialista delle salite invernali sugli ottomila. Con Lorenzo Mazzoleni condivise l’inizio della carriera sulle montagne più alte. Insieme rimasero bloccati cinque giorni sulla parete Sud dell’Aconcagua che stavano tentato di salire in stile alpino. Realizzarono anche un epitaffio in un video. Poi insieme si salvarono.

Moro: “Forse un giorno si troverà anche il suo corpo”

"Per alcuni il ritrovamento del suo zaino potrebbe riaccendere un dolore, per altri è solo la consapevolezza che anche la montagna ha la sua vita, i suoi tempi. La lenta vita della montagna ha restituito tremila metri più in basso una zaino, una storia: quella di Lorenzo. Il ritrovamento non dovrebbe riaccendere faziosità. Forse un giorno si troverà anche il suo corpo. Non ci sono né colpe, né colpevoli. Nessuno è mai stato obbligato a scalare una montagna come quella. Ci possono essere discussioni sulle strategie, ma la vetta del K2 era il sogno di Lorenzo", aggiunge Moro.

La tragica caduta nel luglio 1996

Dopo essere arrivato in cima il 29 luglio del 1996 insieme a Giulio Maggioni, Mario e Tore Panzeri, Mazzoleni durante il rientro all’ultimo campo andò incontro a una caduta fatale, probabilmente nella zona conosciuta come “Collo di bottiglia“. Nessuno lo vide più. L’amico Gian Pietro Verza che si trovava al campo più alto fu protagonista di un eroico tentativo di salvataggio in piena notte, in uno dei tratti più rischiosi della montagna. Ma Lorenzo era scomparso per sempre.

Uno degli scalatori più promettenti della sua generazione

Era uno degli scalatori più promettenti della sua generazione. Nel 1988 aveva scalato il Cho Oyu, il suo primo ottomila. Nel 1992 era in cima all’Everest. Un sorriso contagioso, sapeva farsi amare. Aveva tantissimi amici che ancora oggi portano avanti il suo ricordo. È nel suo nome infatti che dal 1997 tanti bambini nel Nord del Pakistan non muoiono più per una semplice dissenteria. Il suo volto e la scritta “Amici di Lorenzo“ accolgono infatti chi si avventurano ad Askole, all’ingresso del ghiacciaio del Baltoro, dove sorge un piccolo ospedale sostenuto dall’associazione nata per ricordarlo. Luoghi aspri, dove la vita è difficile, soprattutto per le donne. "Aiutiamo anche le ragazze che non sono mai andate a scuola. Cerchiamo di farle studiare e insieme diamo un’opportunità per fare qualche lavoro. Noi diamo loro la possibilità di essere autonome", spiega chi si occupa dei progetti dell’ospedale. Una piccola rivoluzione, proprio come quella che sta avvenendo ai piedi del K2, con una cordata tutta di donne (italiane e pakistane) impegnata nel tentativo di salire in vetta per celebrare i settant’anni della “conquista“ del K2.