BOSISIO PARINI (Lecco)
di Daniele De Salvo
Sembra una vecchia palazzina qualunque, anche un poco fatiscente. Eppure in quel piccolo condominio al civico 5 di via Don Giacinto De Fiori a Bosisio Parini, in fondo ad una stradina sterrata con il cancello sempre spalancato come se chi vi abita non abbia nulla da temere, risiede un "punto di riferimento imprescindibile" per i più potenti e pericolosi esponenti della criminalità organizzata. È Michele Oppedisano, 52 anni, originario di Rosarno, nipote dello zio 81enne Domenico "Micu" che fino al 2010 era capocrimine di tutta la ‘ndrangheta. È lì che l’altra mattina all’alba gli investigatori della Dia di Milano lo hanno arrestato per l’ennesima volta. Con lui è finito in manette pure il figlio 22enne Pasquale. Il nipote dell’ex capo dei capi, già catturato e poi condannato durante la retata dell’inchiesta "Infinito" che è un grado o una dote della ‘ndrangheta, avrebbe "il ruolo di promotore e organizzatore", si legge negli atti dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip del tribunale di Milano Tommaso Perna su richiesta dei magistrati della Dda menegina. E ancora: "Mantiene i contatti con esponenti di spicco dell’ndrangheta calabrese... tenendoli costantemente aggiornati sull’andamento degli affari e concordando strategie di infiltrazione nel tessuto economico-imptenditoriale lombardo, anche mediante mirati incontri di persona in occasione di viaggi in Calabria e con altri esponenti di rilievo dell’organizzazione mafiosa operante in Lombardia". Dove "Lombardia" non è solo la regione, ma anche l’appellativo della cupola della ‘ndrangheta lombarda, composta per quanto si è riusciti a scoprire da almeno una ventina di cosiddetti "locali", cioè strutture territoriali di cui fanno parte non meno di 49 affiliati. Sono il locale di Appiano Gentile, Bollate, Bresso, Calolziocorte, Canzo, Cermenate, Como, Cormano, Corsico, Desio, Erba, Fino Mornasco Giussano, Lecco, Legnano, Lentate, Lonate, Limbiate, Lumezzate, Mariano, Milano, Monza, Muggiò, Pavia, Pioltello, Rho, Seregno, Varedo e Voghera, più una nuova formazione senza una precisa localizzazione. Tutti i referenti di ogni locale devono sempre rendere conto ai boss del Crimine o della Commissione provinciale in Calabria. E uno degli incaricati a mantenere i rapporti con i padrini calabresi sarebbe stato appunto proprio lui, l’ "anonimo" mafioso della palazzina accanto. "Un ruolo di primo piano il suo – prosegue il giudice per le indagini preliminari -, che nonostante gli anni trascorsi e la carcerazione patita non è mai venuto meno, rappresentando oggi come ieri un punto di riferimento imprescindibile che riflette nella sua figura di autorevole esponente della ‘ndrangheta".