DANIELE DE SALVO
Cronaca

Un ritratto del Manzoni rispunta nell’ex collegio dei Somaschi a Merate

L'affresco è oggetto di lavoro di restauro. Fu realizzato alla morte dell’illustre alunno e compare in alcune fotografie degli anni ‘70

A destra l’affresco riemerso da anni di incuria: si trova sul soffitto dell’atrio che ospita lo scalone (a sinistra) dell’ex collegio Manzoni frequentò l’istituto dai 6 agli 11 anni

A destra l’affresco riemerso da anni di incuria: si trova sul soffitto dell’atrio che ospita lo scalone (a sinistra) dell’ex collegio Manzoni frequentò l’istituto dai 6 agli 11 anni

Merate (Lecco), 19 febbraio 2025 – Lo sguardo austero, il naso importante, le orecchie prominenti, le basette folte e la capigliatura stempiata. Quel volto di profilo è senza dubbio quello di Alessandro Manzoni. È ritratto in un affresco che era stato sepolto sotto uno strato d’intonaco, vernice e fumo nero di candele.

Si trova sulla volta dell’atrio del cosiddetto scalone nobile dell’ex collegio dei Somaschi a Merate, dove il Sommo ha frequentato le elementari dell’epoca, tra il 1791 e il 1796, quando aveva tra i sei e gli undici anni. Ora il collegio ospita le scuole medie statali. Il ritratto probabilmente è stato dipinto subito dopo la morte dell’illustre alunno, avvenuta il 22 maggio 1873 all’età di 88 anni, in occasione dell’immediata intitolazione dell’istituto all’autore dei Promessi sposi.

Omaggio postumo

L’omaggio postumo è riemerso nei mesi scorsi, durante un intervento di restauro che ha letteralmente riportato alla luce altri pregevoli elementi decorativi offuscati dal tempo. Che quel viso racchiuso in un tondo fosse proprio il viso di don Lisander, di cui tra qualche settimana, il 7 marzo, ricorrerà il 240° della nascita, lo hanno subito immaginato tutti. Ora però c’è la conferma ufficiale. “È Alessandro Manzoni”, sancisce Luca Codara, giovane storico e archeologo meratese di 35 anni.

“È riportato in alcuni atti custoditi nell’archivio comunale e anche in alcuni libri – spiega Codara, al termine delle sue ricerche -. Il ritratto compare anche in alcune fotografie scattate negli anni ‘70, ma se ne erano ormai perse traccia e memoria nonostante non sia trascorso poi molto”.

Oltre all’affresco ritrovato, i meratesi avevano dedicato a Manzoni pure una lapide scolpita dal professor Cesare Jamucci, celebre artista vissuto tra il 1845 e il 1934 che insegnò anche a Brera: riporta una dedica e poi un bassorilievo con il profilo del grande scrittore lombardo, molto simile al ritratto sulla volta dello scalone nobile. C’è poi un suo busto: “È una statua molto bella – sostiene sempre Luca -. Purtroppo fattura e datazione non sono note, perché non si sa né chi sia l’artista che l’ha realizzata, né quando. È un peccato”. Basterebbe probabilmente spulciare ancora tra i polverosi faldoni custoditi e dimenticati in archivio e magari stanziare qualche spicciolo per pagare un esperto che se ne occupi per risolvere anche questo mistero.

Le malelingue

Secondo alcune malelingue dell’epoca i cui pettegolezzi si sono poi trasformati in leggende, Alessandro Manzoni a Merate non si sarebbe trovato bene: non stimava i suoi pedagoghi e spesso sarebbe finito in punizione.

In realtà quando tornava a Merate, ospite in Villa Belgiojoso, non mancava mai di passare nella sua scuola a salutare i suo vecchi professori. In uno scritto datato 13 ottobre 1863, quando era già il Sommo, smentì di proprio pugno la diceria, esprimendo “la più sentita riconoscenza” nei confronti di rettori, maestri e compagni d’infanzia.

Del resto sembra che proprio ai suoi anni meratesi si debba l’intuizione del titolo Fermo e Lucia (quello della prima stesura dell’opera): nella chiesetta di San Bartolomeo, annessa alla scuola, in una cappella laterale, c’era e c’è ancora una pala con il dipinto di San Fermo, contemplato a lungo durante le quotidiane messe del mattino presto e a cui Manzoni si sarebbe ispirato appunto per il nome di uno dei protagonisti del suo capolavoro.