
La sede dell’ufficio dove lavorava il poliziotto infedele
Lecco – Comandava lui. Decideva chi ricevere e quando, chi far passare avanti, chi poteva rimanere in Italia. Bastava pagarlo. Perché chi non pagava non riusciva ad ottenere appuntamento, restava in coda, non veniva regolarizzato. Chi invece pagava otteneva ciò che voleva.
Ma Giuseppe Vitale, l’assistente capo della Polizia di 48 anni (residente in Valtellina) in servizio all’Immigrazione della questura di Lecco arrestato nei giorni scorsi per mazzette in cambio di permessi di soggiorno, stabiliva pure chi dei suoi colleghi dovesse prendere le impronte digitali, stare allo sportello, occuparsi di alcune pratiche e verifiche piuttosto che di altre. Tutti dovevano passare da lui. Sarebbe stato Giuseppe anche a imporre che gli unici stranieri ad avere diritto al permesso di soggiorno, ad un visto, al ricongiungimento con i propri familiari erano esclusivamente coloro che si rivolgevano ai consulenti della vicina agenzia Duemme di Mohamed Fathey Moustafa El Borm, italo-egiziano di 26 anni. Sono stati proprio i titolari di altre agenzie concorrenti a denunciare quanto accadeva, perché il poliziotto voleva tagliarli fuori per poter lavorare solo con un unico referente, Mohamed appunto, per gestire meglio la situazione.
“È stato costretto, è a sua volta vittima del sistema organizzato da quell’agente di Polizia – spiega l’avvocato Angelo Bianchi, difensore del 26enne, che risulta indagato -. Nella sua attività ha investito parecchi soldi, paga un affitto di 900 euro al mese, se non avesse accettato l’imposizione del poliziotto sarebbe fallito e avrebbe perso tutto”. Mohamed ora è in Egitto, ma dovrebbe rientrare in Italia. Era lui a pagare l’appartenente alla Polizia di Stato per favorire i suoi clienti: migliaia e migliaia di euro, almeno dallo scorso settembre. Durante la perquisizione sono stati trovati 39mila euro in contanti: Giuseppe era talmente spavaldo e sicuro di sé che non li ha nemmeno nascosti.