DANIELE DE SALVO
Cronaca

Minacce, botte e apprezzamenti volgari: la vita delle dottoresse al Pronto soccorso di Lecco

All’ospedale lecchese, come altrove in Italia, i medici di emergenza urgenza sono in prima linea con pazienti violenti o molesti. La testimonianza della specializzanda: "Così si lavora troppo e male"

I camici bianchi lamentano la difficoltà di prestare servizio al Pronto soccorso

I camici bianchi lamentano la difficoltà di prestare servizio al Pronto soccorso

Lecco – Medici in prima linea in corsie di Pronto soccorso che a volte sono come le strade malfamate dei peggiori quartieri. Pazienti che minacciano, insultano, picchiano, e che in alcuni casi ci provano, con apprezzamenti sgraditi, battute volgari, ammiccamenti allusivi, qualcuno alzando anche le mani. Succede all’ospedale di Lecco, come capita sempre più di frequente in tutte le strutture sanitarie italiane. E poi i turni disagevoli, di guardia da soli, con l’impossibilità di ricoverare i pazienti, perché nei reparti mancano posti letto.

Alice Paludo, dottoressa milanese di 31 anni appena compiuti, medico dal 2019, ha però scelto lo stesso di diventare un medico Medicina d’emergenza-urgenza. Si sta specializzando proprio all’Alessandro Manzoni, dove conta poi di continuare a lavorare. Tanti colleghi hanno invece gettato la spugna. "Conosco tante persone che hanno abbandonato la specializzazione alla fine, durante e dopo il percorso di formazione – racconta -. In Pronto soccorso si lavora troppo e male perché il carico è eccessivo e i medici sotto organico, mentre gli accessi sono davvero tantissimi".

E poi appunto, la violenza fisica e verbale, specie di notte, con la consapevolezza di non potere nulla per difendersi: "Da sola contro un uomo aggressivo che pesa più del doppio di me potrei fare poco", ammette. "È venuto meno il rispetto reciproco e della nostra professione – prosegue Alice -. La maggior parte delle aggressioni è dovuta alle lunghe attese e alle dimissioni che, secondo parenti o pazienti, non sono adeguate. Poi ci sono i pazienti psichiatrici o sotto effetto di sostanze stupefacenti e aggressivi". Il problema è reale anche per veterani, come Paolo Schiavo, 63 anni, camice bianco di lunga data del Pronto soccorso lecchese, oltre che del 118 e del Soccorso alpino. "Sono preoccupato per gli specializzandi, soprattutto per le specializzande perché ormai nella Medici di emergenza urgenza i due terzi dei medici sono di genere femminile – spiega -. Trovarsi di notte a gestire un Pronto soccorso è diventato molto impegnativo".