Merate (Lecco) – Un’inchiesta interna. L’hanno avviata i manager della sanità pubblica lecchese sul caso della mamma di 33 anni, che, settimana scorsa, ha perso il figlio all’ottavo mese di gravidanza. Si era rivolta, in seguito a una copiosa emorragia, ai medici dell’ospedale più vicino, quello di Merate, salvo essere trasferita d’urgenza a quello di Lecco, perché al San Lepoldo Mandic il punto nascita è stato chiuso a maggio e non ci sono più specialisti per gestire le urgenze ostetriche.
Durante l’audit, in programma probabilmente già per oggi, a cui parteciperanno i primari dei reparti sia del nosocomio brianzolo sia del capoluogo di provincia, da cui è passata la 33enne e i medici e gli operatori sanitari che l’hanno assistita, verranno verificate le procedure messe a punto dopo la serrata del punto nascita meratese, che, sostanzialmente, prevedono appunto il trasferimento immediato delle pazienti all’Alessandro Manzoni di Lecco, dove è stata constatata la morte del bimbo alla 34esima settimana di gestazione per il distacco della placenta.
Il protocollo sembra sia stato rispettato e che il trasferimento sia avvenuto molto velocemente, in meno di un’ora. Con le risorse specialistiche a disposizione inoltre risulta non si sarebbe potuto altrimenti. Il vero problema semmai sarebbe appunto la chiusura del punto nascita, in un territorio dove nascono più di 700 bambini all’anno.
Per questo il sindaco di Merate Mattia Salvioni e il suo consigliere delegato alla Sanità Franco Tortorella parlano di “caso sentinella”, segno di qualcosa che non funziona e che mette in guardia che potrebbero ripetersi episodi analoghi. Per questo il primo cittadino di Merate e tutti i colleghi del circondario, hanno convocato a rapporto Marco Trovelli, direttore generale dell’Asst di Lecco, cui fa capo l’ospedale di Merate. Lo incontreranno settimana prossima.
I sindaci del territorio hanno sottoscritto all’unanimità un documento per chiedere conto di quanto accaduto e ribadire che non tollereranno lo smantellamento di altri servizi ospedalieri, come invece avviene regolarmente da tempo, poiché altrimenti simili casi aumenteranno. Il timore infatti è che la Ginecologia, già orfana del punto nascita, venga declassata da strutture complessa, cioè da reparto, a unità semplice succursale della Ginecologia dell’ospedale di Lecco, che ne comporterebbe a breve la chiusura.