Merate (Lecco) – Il piccolo non poteva essere salvato. Quando la mamma è corsa ed è arrivata in ospedale probabilmente era ormai morto, o comunque già in fin di vita, a causa di un distacco massivo di placenta che lo ha ucciso. È quanto emerge dai primi accertamenti e dall’audit interni sul doloroso caso bimbo alla 34esima settimana di gestazione che lunedì scorso è nato morto, dopo che la mamma di 33 anni che lo portava in grembo all’ottavo mese di gravidanza, è stata sottoposta a parto cesareo d’urgenza per una emorragia interna.
La donna, accompagnata dal marito, si è rivolta ai medici del pronto soccorso dell’ospedale di Merate, dove tuttavia il punto nascita è stato chiuso a maggio e dove non ci sono né ginecologi, né ostetriche e nemmeno altri specialisti che avrebbero potuto assisterla per un eventuale parto d’emergenza. È stata così subito trasferita in ambulanza all’ospedale di Lecco, centro di riferimento della zona per simili evenienze. Se non fosse andata al San Leopoldo Mandic e avesse deciso di raggiungere autonomamente l’Alessandro Manzoni del capoluogo, non sarebbe arrivata in tempo e sarebbe verosimilmente morta anche lei. Sebbene la perdita ematica all’apparenza sembrasse scarsa, in realtà internamente era molto abbondante. Dopo averla visita e aver valutato le sue condizioni, determinante sarebbe stata quindi la decisione di portarla in sicurezza a Lecco in poco più di mezz’ora, assistita costantemente da un rianimatore e da un infermiere.
Fondamentale pure l’applicazione del protocollo previsto: una volta giunta a destinazione, i medici che la stavano aspettando per operarla erano infatti già pronti in sala operatoria ed erano anche disponibili all’uso sufficienti sacche di sangue per una trasfusione.
Se tutti i medici e gli operatori sanitari che si sono presi cura della 33enne hanno agito correttamente e in maniera estremamente rapida, rimangono molti dubbi sulla scelta politica di chiudere il punto nascita dell’ospedale di Merate. Dalle statistiche sono almeno una cinquantina le pazienti in dolce attesa che in tre mesi e mezzo hanno bussato alle porte del pronto soccorso del San Leopoldo Mandic per situazioni di potenziale emergenza, mentre in tutti i paesi del distretto si contano più dei 500 parti minimi per il mantenimento di un reparto di Maternità. Eppure i manager della sanità locale vogliono ora depotenziare anche il reparto di Ginecologia.