«Cittadini di serie B». A sentirsi abbandonati sono gli irriducibili residenti di Morterone, ufficialmente 33, in realtà in pianta stabile circa la metà. Ogni volta che nevica più del previsto, la Strada provinciale 63 viene chiusa per il pericolo di valanghe. Quei 16 chilometri e mezzo di curve e tornanti, che si inerpicano per 400 metri a strapiombo sulla Val Bovazzo, sono però l’unico collegamento tra il paese più piccolo d’Italia alle pendici del Resegone e Ballabio, alle porte della Valsassina, e quindi il resto del mondo. Interdire la strada al transito significa isolare il minuscolo borgo: chi a Morterone ci abita resta rinchiuso in una sorta di bianca prigione innevata senza poter andare altrove; villeggianti e turisti che vorrebbero andarci per un’escursione in montagna, una gita fuoriporta, una mangiata nell’unica trattoria o negli agriturismi del posto, piuttosto che per raggiungere le loro case di vacanza, portando lavoro e soldi, invece non possono arrivarci.
Quando la provinciale, off-limits da venerdì, verrà riaperta non si sa, la segregazione potrebbe proseguire almeno fino a domani. Non è appunto la prima volta che succede, anzi capita ogni inverno e quanti hanno deciso di non abbandonare Morterone vogliono una soluzione. «Da oltre mezzo secolo nessuno è stato in grado di risolvere questa incresciosa situazione – denuncia Maurizio Pegoraro, 65 anni, da 37 morteronese per scelta –. Il tratto interessato da eventuali slavine è noto, ma il problema non è mai stato definitivamente risolto. Non si può non preoccuparsi se qualcuno di noi deve rientrare a casa dal lavoro o da scuola, o se deve andarci, o ha una visita medica programmata da mesi o qualunque altra incombenza data da un vivere civile".
A Morterone ci sono pure la piccola Marta Priscilla, l’ultima arrivata che ha un mese e mezzo appena, e altri bambini. Il sindaco Dario Pesenti è riuscito a strappare qualche intervento di messa in sicurezza, però non basta, ci vogliono tettoie, barriere fermaneve e muri paravalanghe. "Ci trattano come cittadini di serie B – prosegue Maurizio –. Allargano la bocca sul vivere la montagna, poi si disinteressano di noi che qui abitiamo e lavoriamo".