REDAZIONE LECCO

Paderno, ergastolo confermato per l'organizzatore del delitto Caroppa

I giudici della Cassazione hanno confermato l'ergastolo inflitto in primo grado e ribadito poi dai magistrati della Corte di Appelli di Milano nell'ottobre del 2014 a Santo Valerio Pirrotta

Le indagini dopo il delitto

Paderno d'Adda (Lecco), 24 marzo  – Carcere a vita. I giudici della Cassazione hanno confermato l'ergastolo inflitto il 13 novembre 2013 in primo grado e ribadito poi dai magistrati della Corte di Appelli di Milano nell'ottobre del 2014 a Santo Valerio Pirrotta, il 50enne di Lurago d'Erba ritenuto l'organizzatore dell'uccisione, la sera del 10 maggio 2012, del carpentiere e padre di famiglia 42enne Antonio Caroppa di Paderno d'Adda. Lui si è sempre proclamato innocente, ma per tre volte contro di lui è stato emesso il massimo verdetto.

Per Sebastiano Caroppa, 43 anni, fratello della vittima, al contrario «giustizia umana è fatta, sebbene nessuna decisione umana potrà restituirci mio fratello». Secondo investigatori e inquirenti, il cui lavoro e impegno è valso al luraghese il fine pena mai, è stato lui a organizzare l'assassinio del brianzolo e reclutare gli esecutori materiali, ovvero i cugini Fabio Citterio, tecnico informatico di 46 anni e di Lurago, e Tiziana Molteni, operatrice sanitaria 53enne di Dolzago, che hanno ammesso tutto e patteggiato trent'anni di galera. E sarebbe stato sempre lui a procurare loro l'arma con cui poi l'esperto di pc ha esploso un colpo fatale alla gola del padernese. Di più: li ha accompagnati personalmente sulla scena del crimine per accertarsi che portassero a termine il compito affidato.

Non è tuttavia stato chiarito sino in fondo il movente di quella che si configura come una vera e propria spedizione punitiva. L'ipotesi più accreditata, sebbene mai provata, è che si sia trattato di un delitto d'onore, commissionato da Alberto Ciccia di Renate, ma calabrese d'origine, uno delle persone indagate, condannato per un efferato triplice omicidio avvenuto nel 1996 a Capriano di Briosco e ritenuto uno degli esponenti di spicco della malavita organizzata trapiantata in Brianza. La convivente del 42enne in passato ha intrattenuto con il boss una relazione sentimentale, durata sino a quando non è stato catturato nel 2003 a Merate al termine di una lunga latitanza. C'era pure lei al momento del blitz dei carabinieri, ma successivamente si è ricostruita un'esistenza, senza mai negare al nuovo compagno le sue frequentazioni pericolose precedenti. A quanto pare l'ndranghetista avrebbe chiesto ai suoi picciotti di lavare con il sangue quella che considerava un'onta. Ammesso che la ricostruzioni sia veritiera non pagherà comunque mai per il delitto che potrebbe aver commissionato, perché il 16 ottobre 2014 è morto per un male incurabile nel carcere di Busto Arsizio dove era detenuto portando per sempre con sé la soluzione del mistero e la verità di Daniele De Salvo