DANIELE DE SALVO
Cronaca

Pecore intossicate dall’urea sul Monte Barro, il pastore Mauro Farina: “Il mio gregge sterminato da qualche collega per gelosia”

Lecco, nonostante il sostegno e i soldi raccolti grazie alla generosità di tante persone, resta la rabbia per quanto successo. L’allevatore è convinto che non sia stato un incidente

La strage misteriosa. Intossicato dall’urea il gregge del Barro: "Le hanno avvelenate"

Lecco, 16 ottobre 2024 – Più di 15mila euro in un paio di settimane. Li hanno donati tanti benefattori a Mauro Farina, il pastore di 36 anni di Molteno a cui qualcuno il mese scorso ha ucciso quasi 500 pecore e capre, avvelenate con urea, un fertilizzante, mentre erano al pascolo durante la transumanza sul monte Barro. I soldi gli serviranno per ricomperare parte degli animali che gli sono stati uccisi.

«Non mi aspettavo tanta generosità – confida Mauro –. Molte delle persone che mi stanno aiutando nemmeno mi conoscono. Le ringrazio tutte, non ho trovo nemmeno le parole per esprimere la mia gratitudine. Ci vorranno almeno un paio d’anni per ricostituire un gregge come quello di prima, ma tutta questa solidarietà mi sta dando la forza di non arrendermi e rialzarmi».

Nonostante il sostegno e i soldi e l’ondata di solidarietà, a Mauro resta la rabbia per quanto successo. L’allevatore è infatti sempre più persuaso che la strage dei suoi capi di bestiame non sia stato un incidente, ma una atto deliberato. «Nessuno concimerebbe il prato e gli arbusti dove sono passato con il gregge – spiega -. La spesa non varrebbe l’impresa».

Il motivo di una simile azione criminale? «Gelosia da parte di qualche collega – risponde Mauro -. E poi avere più pascoli a disposizione, sebbene a mio avviso siamo talmente pochi che c’è spazio per tutti». A suo avviso quindi lui e i suoi animali sarebbero vittime di una faida pastorale in stile barbaricino. Da parte di chi di preciso non lo sa, ma qualche sospetto circostanziato lo nutre: «Riferirò ai carabinieri della Forestale se me lo chiederanno», assicura. Il concimante letale secondo lui è stato disseminato diluito in acqua, in modo da non lasciare tracce, lungo il sentiero obbligato che ha dovuto percorrere per salire da Lecco verso il Barro e poi nel pascolo dove ha stazionato. Ora però vuole soprattutto lasciarsi questa brutta storia alle spalle e guardare avanti: «Ho le mie pecore, le mie capre e gli altri animali superstiti a cui badare».