
di Daniele De Salvo
La pizza era servita dalle nipoti del boss della ‘ndrangheta condannato “al fine pena mai“ col 41 bis. Per questo la pizzeria “Beatles“ di Galbiate è stata chiusa. Il locale era già stato chiuso la scorsa estate per lo stesso motivo, salvo poi essere riaperto con una "operazione di cosmesi societaria", spiegano dalla Prefettura: era cioè semplicemente cambiata la proprietaria. A settembre alle sorelle Celeste e Lucia Alcaro di 30 e 37 anni, titolari della società “Luce“ era infatti subentrata con una sua impresa individuale, appositamente costituita per riaprire i battenti dell’attività di “famiglia“, la secondogenita Vanessa che la settimana prossima di anni ne compirà 34. La loro mamma è Valentina Trovato, 58 anni, sorella minore del 73enne Franco Coco Trovato, il padrino della picciotteria lecchese che sta scontando diversi ergastoli in regime di carcere duro dopo essere stato catturato nel ‘92 nell’ambito dell’inchiesta “Wall Street“, dall’insegna del ristorante che era anche il suo quartier generale. Il loro padre è invece Luigi Alcaro di 68 anni, catturato nel 2006 nella retata “Oversize“ per traffico di droga. La 34enne inoltre è l’ex moglie di Vincenzo Marchio, finito in manette a febbraio durante l’operazione “Cardine-Metal Money“ con cui è stato smantellato l’impero milionario fondato su rottami, rifiuti radioattivi, frodi, usura ed estorsioni del 72enne Cosimo Vallelonga, altro capobastone della criminalità organizzata lecchese.
Di conseguenza era anche la nuora di Pierino Marchio, 64 anni, pure lui finito in cella durante l’inchiesta “Oversize“, ritenuto uno dei trequartini a capo degli ‘ndranghetisti di Calolzio, che hanno sempre costituito, per importanza, un gruppo autonomo. La pizzeria, quindi, con lei rappresentava anche un segno tangibile dell’alleanza tra esponenti di clan diversi.
"La nuova società rappresenta una continuazione della precedente con una operazione di cosmesi societaria finalizzata di fatto ad eludere fraudolentemente il provvedimento inibitorio", spiegano dalla Prefettura. Hanno provato insomma a cambiare assetti e nomi, ma la gestione era sempre la stessa. A ordinare la serrata è stato il prefetto di Lecco Castrese De Rosa con l’ennesima interdittiva antimafia, la ventesima nell’ultimo paio d’anni, la nona firmata da lui da quando si è insediato nel Palazzo del Governo, sei delle quali nelle ultime due settimane. "L’obiettivo è salvaguardare l’economia legale dalle infiltrazioni della criminalità organizzata che nel Lecchese è camaleontica - ribadisce il Prefetto -. Sebbene silente, inquina il mercato, altera gli equilibri, semina germi di illegalità in un tessuto produttivo solido e alla fine lo indebolisce". Gli esempi non mancano, a partire da quella che era la “Perego strade“ di Cassago, colosso dell’edilizia con centinaia di dipendenti, fallito dopo essere finito in mano ai "calabrotti", come si legge negli atti dell’inchiesta antimafia “Crimine - Infinito“ del 2010.