REDAZIONE LECCO

Primario di Oculistica accusato di incassare oboli dai pazienti, interrogatorio di garanzia a Brescia

Giovanni Mazzoli, primario di Oculistica all'ospedale di Esine, è stato interrogato in garanzia per avere incassato oboli dai pazienti e visitato al poliambulatorio privato senza emettere fatture. Il gip ha derubricato il reato in induzione indebita.

Interrogatorio di garanzia ieri per Giovanni Mazzoli, il primario di Oculistica all’ospedale di Esine da lunedì scorso ai domiciliari stretti con l’accusa di avere incassato lauti oboli dai pazienti per velocizzare le liste d’attesa per gli interventi chirurgici agli occhi in regime di mutua, ma anche di aver visitato al poliambulatorio del paese camuno - struttura privata del quale era direttore - facendosi pagare in contanti, emettendo zero fatture e non girando il dovuto alla Asst con cui aveva un accordo “extramoenia“ per alcuni pomeriggi a settimana. Accompagnato dai suoi legali, gli avvocati Mario Nobili e Luigi Frattini, il professionista è comparso davanti al gip, Federica Brugnara, alla presenza dei pm Donato Greco e Claudia Moregola, ma è rimasto in silenzio. "Per ora non ci sono dichiarazioni da rilasciare", ha sinterizzato Nobili. Mazzoli stando all’accusa si sarebbe anche dedicato alla libera professione fingendo di essere in ospedale dove timbrava il badge, e ancora, avrebbe redatto certificati falsi finalizzati al rinnovo delle patenti di guida omettendo di indicare patologie o minimizzando la mancanza di diottrie. "Però a me sembra di fare l’interesse dei pazienti e dell’ospedale, nel senso che così abbiamo la seduta e non perdiamo gente", dice il medico, intercettato, a un’infermiera dopo avere qualche mese fa scoperto che i carabinieri e la finanza facevano controlli sul suo conto. La procura aveva chiesto il carcere e ipotizzava il reato di concussione, derubricato dal gip in induzione indebita. Nessuno dei pazienti ha mai denunciato le irregolarità, anzi, per avere un tornaconto personale gli stessi allungavano mazzette, una circostanza stigmatizzata dal giudice e ora al vaglio della procura, che potrebbe coinvolgerli nell’inchiesta. Beatrice Raspa