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Lecco, il pugile dell’Isis è stato scarcerato: verrà espulso in Marocco

Abderrahim Moutaharrik ha scontato quasi sei anni: aveva l'ordine di compiere un attentato in Vaticano. Ora si trova in centro espulsioni di Bari

Abderrahim Moutaharrik, 32enne residente a Lecco è uscito dal carcere

Lecco - Il "pugile dell’Isis" Abderrahim Moutaharrik, 32 anni, residente a Lecco è uscito dal carcere, ma non tornerà a Lecco, anzi sarà ospite del centro espulsioni di Bari, in attesa della riapertura dei confini con il Marocco. Arrestato dalla Digos di Lecco il 28 aprile 2016 per terrorismo internazionale, secondo gli inquirenti aveva ricevuto l’ordine dall’Isis di compiere un attentato in Vaticano. Nell’operazione della Polizia di Stato finirono in carcere, oltre ad Abderrahim Moutaharrik, kickboxer, la moglie Salma Bencharki, di 31 anni e Abderrahmane Khachia, 33 anni, residente in provincia di Varese e fratello di un foreign fighter morto in Siria e Wafa Koraichi, 30anni, residente in provincia di Verbania. Al “pugile dell’Isis“, così chiamato perché talentuoso atleta di kickboxing, che nelle intercettazioni parlava anche di un possibile attentato in Vaticano, è stata revocata la cittadinanza italiana.

La Procura di Milano, con i sostituti procuratori Enrico Pavone e Francesco Cajani, aveva chiesto la condanna per terrorismo internazionale del 32enne e il Gup milanese Alessandra Simon aveva inflitto con rito abbreviato 6 anni di reclusione con la motivazione: "Era fortemente determinato - insieme ad altre persone - a porre in essere attentati terroristici, uccidendo gli occidentali". Il gup aveva accolto l’impianto accusatorio dei pm Enrico Pavone e Francesco Cajani, condannando a 5 anni la moglie di Moutaharrik, Salma Bencharki, e a 3 anni e 4 mesi Wafa Koraichi, sorella di Mohamed Koraichi, marocchino che assieme alla moglie italiana e ai loro tre figli ha lasciato l’Italia per la Siria. Tutti i condannati, secondo la sentenza del Gup milanese, "erano spinti da una distorta ideologia religiosa e da un odio generalizzato verso gli appartenenti a qualsiasi altra confessione, che li aveva determinati a proclamarsi pronti ad agire a costo di perdere la propria vita". Abderrahim Moutaharrik ha scontato 5 anni, 7 mesi e 20 giorni tra il carcere di Sassari, quello di Rossano in provincia di Cosenza e quando si sono aperte le porte del carcere non è tornato in libertà, ma in un centro di espulsioni, pronto al rimpatrio come da decreto del questore di Bari. Infatti gli è stata revocata la cittadinanza italiana oltre alla patria podestà sui figli di 9 e 11 anni, affidati ai nonni paterni, e seguiti dagli assistenti sociali. Il giudice di pace di Bari - che aveva visto il ricorso dei suoi legali - ha disposto il trasferimento del 32enne in un centro di espulsioni in attesa della riapertura delle frontiere con il Marocco.