Gli animali acquatici sono stati trasferiti altrove, i pesci "eutanizzati" e l’acqua completamente prosciugata. Ora dovranno essere asportati quasi 2mila metri cubi di sedimenti. È stato completamente svuotato lo stagno di San Rocco a Merate, destinato a diventare, da pozza invasa da alghe e piante infestanti a piccolo paradiso terreste a due passi dal centro della città. Al momento è ridotto ad una grande fossa. Una volta dragato e rimossi tutti i detriti, che verranno depositati in un terreno accanto, il laghetto verrà di nuovo riempito, rinaturalizzato e ripopolato di specie autoctone. A occuparsi dell’ambizioso progetto, elaborato da Alessandro Balestieri, un luminare del settore, e Ambra Alderighi di Niello per quanto riguarda lo studio ittiologico e curato nel complesso dall’agronomo forestale Davide Beccarelli, sono gli specialisti dell’azienda agricola Matteo Manzoni di Ballabio. I rari gamberi di fiume e le testuggini locali che lo popolavano sono stati trasferiti altrove, mentre i pesci uccisi, “eutanizzati“ in gergo tecnico, poiché tutti alloctoni. Ne sono stati pescati 174 esemplari: rutili, carpe, carassi, scardole, persici sole e trota, pesci gatto, un uctaluridae americano americano e una gambusia, arrivati fino allo stagno di San Rocco dal lago di Sartirana, tramite la Ruschetta, l’emissario che li collega. "Si consiglia a opera ultimata di analizzare la composizione ittica del lago di Sartirana ed eventualmente di posizionare chiuse e griglie per impedire la migrazione di specie alloctone verso lo stagno di San Rocco", è il consiglio degli esperti per non vanificare gli sforzi che si stanno compiendo. Lo stagno è stato scavato nel XVIII secolo per sfruttare per l’irrigazione la Roggia Annoni. Successivamente è stato sfruttato come ghiacciaia.
D.D.S.