Trentaquattro morti solo nel 2024, che diventano 158 vittime negli ultimi cinque anni. Hanno perso la vita sulle montagne del Lago di Como, della Valsassina, del Varesotto e dell’Oltrepò pavese. Cime da cartolina sempre più affollate. A volte, purtroppo, invase da escursionisti senza preparazione né equipaggiamento, competenza o l’allenamento necessari. Li hanno recuperati gli “angeli della montagna“ della XIX Delegazione Lariana del Soccorso alpino lombardo, che l’anno scorso hanno salvato 509 persone, più di 1.400 dal 2022. Alpinisti, scalatori, cercatori di funghi, base jumper: viaggiatori sempre più improvvisati, follower di influencer e youtuber che si spacciano per esperti di un ambiente le cui condizioni di sicurezza variano repentinamente e continuamente. Marco Anemoli è un veterano della montagna, da quattro anni e mezzo capodelegazione della XIX Lariana.
Anemoli, cosa raccontano le statistiche della vostra attività?
“Che aumentano gli interventi di soccorso perché sempre più persone frequentano la montagna e gli ambienti impervi, tra cui molti stranieri che non conoscono le caratteristiche del territorio. Ci sono inoltre più sportivi estremi, come i base jumper. Le e-bike, le bici elettriche, consentono poi a tutti di percorrere senza fatica itinerari impegnativi, aumentando il rischio di incidenti e infortuni. Soprattutto, però, i numeri denunciano che in tanti, troppi, non hanno adeguata conoscenza, competenza e preparazione”.
In che senso?
“Un esempio: abbiamo salvato 92 persone che si erano perse, quasi un quinto di tutti i soccorsi. Oppure tanti che hanno accusato malori per il caldo o perché disidratati o non allenati per l’itinerario scelto, altri 25 non in grado di proseguire perché hanno affrontato percorsi non adatti alle loro capacità o con un equipaggiamento sbagliato come le sneakers o addirittura le Crocs al posto degli scarponi. In 14 erano sfiniti dalla stanchezza: non riuscivano più a muovere un passo. Almeno in alcuni casi questi interventi si sarebbero potuti evitare”.
In che modo?
“Con una corretta conoscenza dell’ambiente montano che si frequenta. Occorre calcolare le tempistiche, considerare il meteo, indossare i vestiti giusti, sapere se ci sono o no punti di ristoro. E poi è necessario avere scorte d’acqua, stare attenti all’escursione termica, ricordare che in questa stagione i versanti esposti a nord possono essere ghiacciati. Se poi non si va in montagna da soli, bisogna pensare pure a chi viene con noi”.
Con tutte le app che ci sono non dovrebbe essere più facile pianificare meglio le uscite?
“Sì, se si usano le app giuste. Non Google maps e tanto meno i social, dove le escursioni vengono presentate come come semplici gite. Una sottovalutazione grave: certi percorsi diventano molto impegnativi a seconda delle condizioni climatiche. I siti da consultare sono semmai “Sicuri in montagna“, i bollettini nivologici e delle valanghe, quelli specializzati con le guide tecniche. E occorre che gli smartphone siano sempre carichi e con la localizzazione attivata”.
Quanti soccorritori lavorano nella XIX Delegazione Lariana?
“Più di 250 tecnici soccorritori. Siamo volontari ma professionisti altamente specializzati con equipaggiamenti in continua evoluzione per portare a termine evacuazioni sempre più rapide. Siamo tutti esecutori, come i soccorritori delle ambulanze. Ci sono anche una quarantina di medici e infermieri che all’occorrenza somministrare farmaci per la gestione del dolore: è complesso movimentare in parete o su terreno accidentato una persona che soffre e urla”.