DANIELE DE SALVO
Cronaca

Strage di pecore sul monte Barro. Il pastore di Galbiate: “Aiutatemi, non mi è rimasto più nulla”. Parte una colletta

Mauro Farina, che in poche ore ha perso quasi 500 tra capre e pecore, probabilmente avvelenate, è disperato: “Per questo lavoro ho lasciato il posto in fabbrica”

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È disperato Mauro Farina, il pastore di 36 anni di Molteno che in poche ore ha perso quasi 500 tra capre e pecore

Galbiate (Lecco) – “Aiutatemi per favore, non mi è rimasto più nulla”. È disperato Mauro Farina, il pastore di 36 anni di Molteno che in poche ore ha perso quasi 500 tra capre e pecore, morte probabilmente avvelenate mentre erano al pascolo sul monte Barro, a Galbiate, durante la transumanza dalla Valsassina verso la Brianza.

Il danno che ha subito è enorme, non solo economico: “Non erano solo il mio lavoro per il quale ho rinunciato a un posto fisso in fabbrica, erano gli animali a cui ero affezionato, che ho allevato e cresciuto uno per uno. Erano anche l’unica fonte di sostentamento mia, di mio fratello, di mio padre”. Nonostante lo sconforto, Mauro vuole provare a rialzarsi. Da solo però non può farcela. “Non mi è rimasto un solo euro sul conto corrente”, rivela. Confida quindi che qualcuno possa dargli una mano e magari qualche soldo per cominciare ad acquistare qualche pecora per provare a ricostituire il gregge che gli è stato sterminato.

“Anche 5 o 10 euro, quello che ciascuno può, per me può segnare la differenza”, è l’appello di Marco. “L’iban su cui è possibile effettuare una donazione è IT10Q 03069 51611 100000008097”, aggiunge il commercialista Marco Arata, dello studio M&M di Arata e Nava, che segue Mauro per conto di Copagri, la Confederazione produttori agricoli. Comprare nuovi capi non è tuttavia che l’inizio. “Mettere insieme delle pecore e della capre non basta per formare un gregge – spiega Mauro -. Le bestie devono conoscersi, integrarsi, imparare a stare insieme. E tutto questo non ha valore, perché occorre moltissimo tempo”.

Mauro alleva le pecore fondamentalmente per cavare latte per produrre formaggi. Solo verso la fine della loro vita le macella per la carne. È convinto che non si sia trattato di un incidente, magari dovuto a uno sversamento di sostanze tossiche o ad una contaminazione ambientale. È sicuro che gli abbiamo ucciso di proposito pecore e capre, per gelosia, o magari nell’ambito di una guerra per il controllo dei pochi pascoli ormai disponibili durante la transumanza. Nutre dei sospetti mirati, che, in attesa degli accertamenti, preferisce al momento tenere per sé. Indipendentemente dalle cause accidentali o intenzionali, dalle modalità della mattanza e dall’eventuale sostanza che ha provocato la moria degli animali, quanto accaduto avrebbe potuto avere ripercussioni pure sugli esseri umani.