
La barca
Lecco, 27 settembre 2019 – Lo scafo della barca è sostanzialmente integro, nonostante l'impatto con la scogliera posta a protezione di una delle dighe del Mose che si è trasformata in una sorta di trampolino improvvisato. Le imbarcazioni progettate dal 76enne di Oggono Fabio Buzzi e dai tecnici della sua Fb Design di Annone Brianza per uso militare del resto oltre che estremamente veloci sono molto robuste. Nonostante l'offshore sia stato progettato estremamente bene, nulla ha potuto proteggere né salvare il patron della società nautica brianzolo e nemmeno il suo amico, pilota, concittadino e imprenditore come lui, il 57enne Luca Nicolini e l'olandese 64enne trapiantato in Svizzera Erik Hoorn.
UN ERRORE UMANO – L'incidente è stato provocato da un errore umano. “Un errore umano, visti gli strumenti di cui la barca era dotata, alla base della tragedia – confermano gli esperti di Assonautica che hanno esaminato il relitto della potente imbarcazione -. Il mezzo era strumentato con un sofisticato sistema militare per la visione notturna composto da due strumenti a disposizione del radarista: uno a raggi infrarossi che intercetta le fonti di calore ed un secondo ad amplificazione di luminosità, entrambi consultabili sullo stesso schermo sia in contemporanea che uno alla volta per avere la massima dimensione degli eventuali ostacoli sulla rotta”.
L'IPOTESI - “È probabile che in fase di avvicinamento alla bocca di porto, dove la presenza di barche è un fatto normale, il responsabile della rotta abbia messo a tutto schermo la visione ad infrarossi – proseguono da Assonautica -. La diga essendo un ''bersaglio freddo'' in questa funzione non può apparire sugli schermi”. Con il buio e il monitor dello schermo a infrarossi come unico strumento di visione, i piloti non si sarebbero insomma accorti dell'ostacolo. “È da escludere che gli strumenti non fossero perfettamente funzionanti, l'ingenger Fabio Buzzi non avrebbe mai messo a rischio né la vita delle persone che si sarebbero trovate sulla sua rotta, né quella del suo equipaggio. Dati i precedenti, avrebbe optato per un ingresso a lento moto”.
L'ESPERTO - “Dopo 20 ore di mare a quella velocità arrivi distrutto, la stanchezza è tanta, negli ultimi tratti cala la tensione, il record è fatto, ma la distrazione può essere fatale e la morte, come in questo caso ti aspetta all'ultima virata, all'ultima onda", commenta Giampaolo Montavoci, pluricampione di offshore, presidente della Commissione Federazione italiana motonautica Endurance e pilota di un'altra traversata Venezia - Montecarlo, come quella che stavano affrontando le tre vittime insieme al quarto componente della squadra, il 57enne Mario Invernizzi, l'unico superstite, probabilmente perché si era alzato dai comandi per recuperare i bagagli in vista dello sbarco. Gli altri invece verosimilmente sono rimasti intrappolati nella cabina allagata.
IL CORDOGLIO - “La nautica mondiale è in lutto – comunicato da Assonautica -. Abbiamo ricevuto migliaia di messaggi di ricordo”. Settimana scorsa, in occasione dell'apertura del Salone internazionale di Genova i dipendenti e i collaboratori della Fb Design hanno indossato il lutto al braccio in segno di rispetto ad un grande della motonautica mondiale. “Fabio Buzzi era un grande amico, e un immenso genio – lo ricorda il presidente di Assonautica Alfredo Malcarne -. Abbiamo perso un uomo che ha inventato e costruito di tutto e di più, portando all’Italia qualcosa come 57 campionati e record mondiali. Con la stessa genialità stava sviluppando la barca da record a propulsione elettrica. Uomo unico per coraggio, genialità e simpatia, pur essendo un burbero osso duro. Però mi aveva detto che era così che voleva andarsene, non da un letto, quindi nella tristezza lo penso felice. Nella tristezza della tragedia, ci piace pensarlo felice, così com'è sempre stato a bordo delle sue barche”.