Durante la pandemia di Covid gli angeli azzurri erano trattati come eroi. Finita l’emergenza, pazienti e familiari sono tornati a insultarli, maltrattarli, spesso aggredirli fisicamente. Nei reparti, negli ambulatori e nelle sale d’attesa degli ospedali e delle strutture sanitarie dell’Asst di Lecco l’anno scorso si sono verificate almeno 25 aggressioni fisiche, 61 verbali e in un caso contro le attrezzature cliniche. Lo rendono noto i manager della sanità pubblica in occasione della Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari che si celebra oggi. La maggior parte degli episodi sono accaduti nei Pronto soccorso -26 -, o nelle aree di degenze, dove se ne sono registrati 36, sebbene 19 casi hanno avuto come teatro i servizi territoriali, come i poliambulatori o il Sert.
"Il più delle volte le aggressioni sono messe in atto dai pazienti, ma si contano anche episodi i cui protagonisti sono i familiari o degli estranei", spiegano da Asst. In cifre: 60 aggressioni sono state compiute dai pazienti, 24 dai familiari e 3 da estranei. In 31 casi l’aggressione è scattata per condizioni di malessere o di patologia specifica dei pazienti. In più della metà delle volte la violenza è però invece ricondotta alle aspettative disattese di paziente o familiari. Tradotto: si sono scagliati contro gli operatori sanitari perché secondo loro hanno dovuto aspettare troppo o perché non hanno ottenuto ciò che volevano. "Oltre il 50% degli infermieri dichiara di aver subito almeno un episodio di violenza sul luogo di lavoro negli ultimi 12 mesi – rincara la dose Fabio Fedeli (foto), presidente dell’Ordine delle Professioni infermieristiche di Lecco -. In tanti tuttavia nemmeno segnalano, per paura di ritorsioni, sfiducia o perché ormai considerano tali episodi la normalità". Daniele De Salvo