Un carcere modello, ma troppo piccolo. È la casa circondariale di Pescarenico a Lecco. A parte una sala polifunzionale, mancano spazi comuni, non ci sono ambienti dedicati all’istruzione e alla formazione professionale, la cappella viene utilizzata pure per le telefonate e non esistono palestra, campo sportivo e neppure un’area verde.
"La struttura è molto piccola e questo limita la possibilità di proporre attività formative", spiega Lucio Farina, il Garante dei diritti delle persone private della libertà personale di Lecco, intervenuto in Commissione consiliare III di Palazzo Bovara, quella Servizi sociali, casa e lavoro, politiche per l’integrazione. Attualmente i reclusi sono 69, a fronte di una capienza iniziale di 52 posti, elevata poi a 89, non perché siano aumentati i metri quadrati e metri cubi della struttura ma per legge. In alcuni periodi recenti sono stati fino a 83. "Non c’è però percezione di sovraffollamento", spiega il Garante. Non ci sono donne, Pescarenico è per soli uomini e per chi ha commesso reati che prevedono pene non troppo gravi. Più del 70% dei detenuti hanno sono stati condannati, gli altri sono in attesa di giudizio. Più della metà sono stranieri, specialmente nordafricani. Trentacinque sono tossicodipendenti, una decina fanno uso stabilmente di sedativi, 5 presentano disturbi psichiatrici, tuttavia non è presente un medico h24. In passato sono stati registrati 6 casi di autolesionismo, ma nessun tentativo di suicidio. "I detenuti inoltre sono sempre più giovani, gli ultimi arrivati hanno 20, 21 anni", aggiunge Farina. I coinvolti in percorsi di formazione professionale sono appena una mezza dozzina e in corsi scolastici una quindicina. L’unico sport che si può praticare è la pallavolo. Il carcere prima era un convento realizzato all’inizio del 1900, riconvertito in casa circondariale nel 2000 e ristrutturato anche nel 2004. Il penitenziario è un immobile di 4 piani, con 38 celle, 4 delle quali di isolamento. Trentadue sono ad uso doppia, 6 per quattro detenuti. Le celle durante il giorno restano aperte. "Rispetto a quanto succede nelle carceri a livello nazionale – rassicura il Garante dei detenuti -. noi siamo spettatori. I diritti sono rispettati e la gestione è buona". La situazione è semmai più critica per le guardie: gli agenti di Polizia penitenziaria sono pochi rispetto a quanto dovrebbero essere. Daniele De Salvo