di Andrea Morleo
"Da lei abbiamo ricevuto una grande lezione civica". Con queste parole, seguite da uno scrosciante applauso di tutta piazza Garibaldi, il sindaco Virginio Brivio ha idealmente ri-consegnato a Piero Nava la benemerenza cittadina, il San Nicolò d’oro assegnatagli nel 1998 ma mai pervenutogli. Piero Nava è un lecchese, un italiano di cui andare orgogliosamente fieri perché grazie alla sua testimonianza gli assassini del giudice Rosario Livatino, ucciso in un agguato mafioso la mattina del 21 settembre 1990, sono stati condannati e assicurati alla giustizia. Da quel giorno però la vita del primo testimone di giustizia italiano è stravolta: vive da anni sotto protezione, ha cambiatoidentità, abbandonato casa, amici, parenti e qualsiasi affetto lo legasse alla sua vita precedente. "Quella scelta dolorosa ma che rifarei ancora perchè lo Stato siamo ognuno di noi", come ha ribadito ancora ieri è diventata un libro autobiografico “Io sono nessuno”, edito da Rizzoli e curato da tre giornalisti lecchesi, Lorenzo Bonini, Stefano Scaccabarozzi e Paolo Valsecchi con la prefazione di Rosy Bindi che Nava ha ringraziato per averlo aiutato ad incontrare Papa Francesco tre anni fa. Sul palco anche il vice-prefetto Mariano Scapolatello mentre in piazza Garibaldi tra i molti che hanno seguito l’evento un altro ex ministro, Roberto Castelli "compagno di partite a calcio", come ha ricordato Piero Nava, un lecchese, un italiano con la schiena dritta.